Da Volterra a Pomarance, tra vasetti, marmellate e musica, la storia di un’inclusione possibile.
Letizia ha ventidue anni, è nata e cresciuta a Volterra. E da qualche mese indossa un grembiule da lavoro con il suo nome ricamato sopra.
Ogni settimana, tre volte a settimana, entra in un laboratorio di trasformazione alimentare di Pomarance, accende la musica – spesso rock, a volte pop – e si mette al lavoro tra vasetti, verdure e marmellate.
«Quando non può andare perché è malata, è dispiaciuta», racconta sua madre, Sara Funari. «Torna a casa contenta, anche se non è una che racconta molto. Dice solo se è stato faticoso e divertente».
Letizia è autistica. La diagnosi di spettro autistico ad alto funzionamento arriva quando ha da poco compiuto tre anni, dopo notti di incubi e una madre che sente che qualcosa non va.
«All’inizio eravamo increduli, disorientati. Capisci poco alla volta cosa significhi, e come potrai aiutarla a crescere».
Da allora Sara e la sua famiglia hanno seguito ogni percorso possibile: neuropsichiatria, laboratori, progetti regionali, fino a un progetto di parent training promosso dall’associazione Tarta Blu, dove genitori di bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico si incontrano per confrontarsi, sostenersi, imparare.
È stato lì che Sara ha conosciuto, nell’autunno 2024, Federico Frosali, uno chef che lavora tra catering e preparazioni artigianali. Anche lui è padre di un bambino autistico.
«Un giorno, durante un incontro, lo psicologo ci chiese cosa sognavamo per il futuro dei nostri figli – ricorda Sara -. Io dissi che mi preoccupava Letizia: voleva lavorare in un bar, ma non riuscivo a trovare nulla. Federico si voltò e mi disse: “Ho io un lavoro per Letizia”».
Così è iniziato tutto. Federico ha pensato che il suo laboratorio potesse essere il posto giusto: niente confusione, ritmi gestibili, un ambiente tranquillo e accogliente.
«All’inizio le ho fatto vedere come funzionava tutto – racconta lo chef -. Abbiamo messo alcune regole di sicurezza e poi abbiamo iniziato a lavorare insieme. Lei è venuta con entusiasmo, e io ho capito presto che sarebbe stata lei a insegnarmi qualcosa».
Con l’aiuto dei servizi sociali e della Asl, da quel germoglio nato dentro Tarta Blu nasce un contratto di inserimento socio-terapeutico. Tre mattine a settimana Letizia lavora accanto a Federico e a Daniela, l’altra collaboratrice del laboratorio.
È precisa, concentrata, chiede solo di avere la musica accesa. «È pienamente operativa – dice lui con orgoglio -. Odia il pomodoro, quello non lo lavora» scherza Federico. «Per il resto Letizia fa tutto. Ha portato qualcosa che non è facile da spiegare. Ci obbliga a essere più chiari, più presenti. Ci arricchisce».
Per tutta la famiglia di Letizia, vederla al lavoro è una conquista che va oltre il contratto.
«Se ripenso alla Letizia piccolina, c’è un abisso. Da bambina faticava a sopportate attese, regole, in parte anche relazioni sociali. Ora riesce a stare nei tempi socialmente accettabili. È cresciuta tanto».
Ogni volta che la accompagna al laboratorio, sente di aver trovato finalmente un punto di equilibrio tra sogno e realtà. Federico, intanto, non nasconde che il gesto di offrire un lavoro a Letizia è anche un atto di speranza.
«Forse, un giorno, qualcuno farà lo stesso per mio figlio – dice -. Le esperienze creano le persone. E Letizia, con la sua presenza discreta, ci sta donando molto».
Nel piccolo laboratorio di Pomarance, tra i profumi di sottoli e marmellate, Letizia ha trovato un suo spazio nel mondo. E per sua madre, ogni mattina che la vede uscire di casa con il grembiule, è come se quel futuro, che per anni sembrava così incerto, avesse finalmente preso forma. Fonte: T.A.R.T.A. BLU APS






