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giovedì 25 Aprile 2024

Le colline pisane come la Provenza, boom della lavanda in Toscana

11:29

Alcuni campi di grano della provincia pisana sono stati riconvertiti a lavanda e altre piante officinali aromatiche coltivate con metodo biologico e biodinamico

La lavanda è in fiore. La Toscana si colora di viola. La Provenza d’Italia si trova a Pisa e più precisamente tra le dolci Colline Pisane di Santa Luce dove grazie al progetto “La Valle dei Profumi” la coltivazione di questa pianta ha sviluppato una vera e propria filiera delle erbe officinali diventando un importante strumento di integrazione al reddito per molte piccole imprese agricole. La lavanda viene coltivata dalle aziende agricole e “trasformata” in olii essenziali destinati a molti settori, dalla cosmetica all’alimentazione. Ma nel corso degli anni è diventata molto di più. Attorno ai lavandeti le aziende agricole hanno sviluppato, in parallelo, nuove filiere, ma anche didattica e turismo.

Un’esperienza pionieristica, che risale al 2015, e che ha sicuramente contributo attraverso lo strumento del Piano Integrato di Filiera della Regione Toscana al boom toscano della lavanda. Secondo una stima di Coldiretti Pisa le superfici destinate alle erbe officinali sono decuplicate nell’ultimo decennio così come le aziende che progressivamente hanno convertito o destinato parte dei terreni, anche incolti, alla produzione di lavanda. L’esempio della Valle dei Profumi è tra i più interessanti a livello nazionale: oggi gli ettari destinati alla lavanda sono complessivamente diciotto dai due iniziali. Un trend confermato anche nel resto della Toscana dove, secondo una stima della principale organizzazione agricola, le aziende che si sono specializzate nella coltivazione della lavanda sono almeno un centinaio per circa 250 ettari coinvolti. A livello nazionale, secondo il Piano di settore delle piante officinali, sono circa tremila le aziende agricole impegnate con una superficie coltivata a piante aromatiche, medicinali e da condimento di oltre 7mila ettari che coprono però appena il 30% del fabbisogno nazionale mentre il restante 70% viene soddisfatto dall’estero, secondo una stima della Coldiretti.

“Le potenzialità del settore – commenta Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Pisa, nonché Presidente Coldiretti Toscana – sono notevoli così come i campi di applicazione delle erbe officinali ed in particolare per la lavanda che è tra erbe officinali più coltivate in Toscana diventate nel frattempo anche un interessante strumento di promozione e turismo del territorio. In questi giorni, nelle colline pisane, e così come nel resto dei territori della nostra regione vocati alla lavanda, arrivano turisti ed appassionati per fare passeggiate nei profumati campi colorati di viola. È nato un vere e proprio turismo attorno alle erbe officinali con le aziende che hanno sviluppato attività didattiche ed iniziative di intrattenimento”.

In Toscana i lavandeti panoramici, da fotografare, sono sparsi in tutte le province. Si trovano oltre che a Santa Luce Orciano, in provincia di Lucca e più precisamente a Massarosa sulle rive del Lago di Massaciuccoli grazie al progetto delle “Vie delle Erbe”, in Maremma, provincia di Grosseto, e più precisamente a Civitella Marittima. E poi in terra di Siena, in piena valle del Chianti, sulle colline di Fonterutoli e a Castellina in Chianti e così ad Arezzo, a Castelfranco di Sopra.

Sono quasi 300 le piante officinali utilizzate in Italia che grazie alle particolari proprietà vengono utilizzate per scopi erboristici, farmaceutici, cosmetici, liquoristici, culinari, per la preparazione di prodotti per la profumeria, per l’industria dolciaria, infusi, per la difesa delle colture, per l’igiene della persona, della casa o per l’ottenimento di oli essenziali o tinture per l’abbigliamento. Tra le altre – precisa la Coldiretti – ci sono basilico, elicriso, menta peperita, stevia rebaudiana, peperoncino, tarassaco, maggiorana, timo, rosmarino, salvia, eucalipto, mirto, stevia e lippia, zafferano, camomilla, echinacea e bardana. La Cina – precisa la Coldiretti – è il principale produttore mondiale tanto che circa ¼ delle erbe officinali utilizzate dall’Italia provengono dal gigante asiatico. Si tratta pero’ di prodotti che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori vigenti in Italia come dimostra il fatto che Pechino è ai vertici mondiali per allarmi alimentari secondo l’analisi del sistema di allerta rapido europeo (RASSF).

“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute – spiega ancora Filippi – l’importanza di sostenere gli investimenti nazionali in un settore in forte crescita come quello delle erbe officinali. Ma per combattere la concorrenza sleale e consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli, occorre rendere obbligatoria l’etichettatura di origine dei prodotti officinali, integrando adeguatamente la riforma del settore approvata dopo oltre 90 anni dalla Legge 6 gennaio 1931, n. 99, che disciplinava coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali”.

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