TOSCANA. La risposta è chiara: in alcuni casi l’Inps è legittimato a prelevare forzatamente delle somme dalla pensione mensile, mentre in altri no. Ecco quando può, e quando no.
Continuano a circolare le notizie sul prelievo forzoso sulle pensioni. Ci sono dei casi, infatti, in cui l’Inps – dopo averne dato comunicazione al pensionato – procede al recupero forzato delle somme indebitamente percepite tramite trattenute sulla pensione. Solo in alcuni casi, però, il prelievo forzoso è legittimo. Come spiega il sito Money.it, può succedere che nel calcolare l’importo della pensione l’Istituto commetta degli errori di cui si renderà conto solamente in un secondo momento.
Quando il prelievo forzoso sulle pensioni è legittimo. Sono diversi i casi in cui l’Inps è legittimato a prelevare “forzatamente” delle somme dalla pensione.
- Il primo è quello del contributo di solidarietà introdotto dalla Legge di Bilancio del 2019. Un contributo che viene trattenuto – per un periodo di cinque anni (ma la Corte Costituzionale l’ha ridotto a tre) – a coloro che percepiscono assegni superiori ai 100.000,00 euro lordi annui. Per questi il taglio va dal 15% al 40% per la parte della pensione che supera i 100.000,00€ secondo un sistema progressivo in cui si tiene conto di cinque fasce reddituali.
- Il secondo caso è quello delle trattenute per il conguaglio. L’Inps, infatti, in qualità di sostituto d’imposta è autorizzato a trattenere dalla pensione le somme dovute a titolo Irpef per quei pensionati che risultano aver pagato meno tasse rispetto a quanto dovuto.
- Il terzo caso di prelievo forzoso legittimo è quello del pignoramento della pensione nel caso in cui sia stato autorizzato dal giudice.
C’è poi il prelievo forzato della pensione in caso di errore di calcolo da parte dell’Inps, ma solo quando l’errore è da imputare al pensionato.
Prelievo forzoso della pensione: quando non è legittimo. L’inps può procedere al recupero delle somme erroneamente corrisposte solamente quando “l’indebita percezione è dovuta al dolo dell’interessato”. Deve essere il pensionato, quindi, ad aver indotto l’Inps all’errore: diversamente, quando questo è da imputare agli uffici dell’Istituto, non si dà luogo al recupero delle somme corrisposte.