Il caso denunciato da Acli Toscana: la donna si è dimessa per stare col figlio, ma secondo Inps non può accedere alla Naspi. Il presidente Martelli e Lo Giacco (Pari opportunità): “Inaccettabile discriminazione tra lavoratrici”.
PISA. Lavora come collaboratrice domestica. Quest’anno è diventata madre. Ha deciso di dimettersi dal proprio posto di lavoro per stare con il bambino effettuando la regolare procedura presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro al termine del congedo obbligatorio di maternità ma si è vista negare l’indennità di disoccupazione Naspi che viene garantita dall’Inps alle lavoratrici dipendenti in applicazione del decreto legislativo 151/2001. È la situazione denunciata da Acli Toscana che crea un precedente significativo e controverso in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
“Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria discriminazione tra lavoratrici – dice Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana – in questo modo le lavoratrici domestiche, a differenza di tutte le altre, non possono dimettersi per dedicarsi alla cura del proprio bambino ed accedere a indennità di disoccupazione”.
“In una società in cui sempre più donne sono costrette ad effettuare una scelta tra carriera e famiglia, c’è anche chi quella scelta non può permettersela – afferma Elena Lo Giacco, responsabile parità di genere di Acli Toscana – e per potersi dedicare alla cura del proprio figlio nel primo anno di vita, quello più delicato, deve confidare nel buonsenso del datore di lavoro che provveda a fare il licenziamento”.
“Ad aggravare la situazione – continua Lo Giacco – è poi l’infrastruttura sociale: le graduatorie degli asili nidi pubblici sono sature e non riescono ad assorbire completamente la domanda e le retribuzioni inadeguate ai costi della vita non sempre consentono di assumere una baby-sitter. Il Patronato Acli anche a livello nazionale ha sollevato il problema senza trovare sponda nell’Inps che, nella lacuna normativa, sta applicando l’interpretazione più restrittiva. Apriremo un dialogo con forze sindacali, associazioni e autorità politiche per modificare l’attuale assetto normativo e tutelare la maternità di tutte le lavoratrici”.
“La scelta di rinunciare al posto di lavoro accedendo all’indennità di disoccupazione per dedicarsi alla cura del proprio bambino non può diventare un ‘privilegio’ solo di alcune categorie di lavoratrici – conclude Lo Giacco -. Il diritto alla genitorialità, l’essere madre, è universale e come tale riteniamo che debba essere universalmente tutelato dal legislatore”..