“Papà, ho rotto il telefono, chiamami a questo numero”: l’ultima truffa via SMS che colpisce anche a Fornacette.

CALCINAIA – “Papà, ho rotto il telefono, chiamami a questo numero”: l’ultima truffa via SMS che colpisce anche a Fornacette.
Sembra una frase affettuosa, una richiesta d’aiuto tra le tante che un genitore potrebbe ricevere in una giornata qualunque. E invece è l’inizio di una truffa.
Il messaggio arriva secco e disarmante sul cellulare: “Papà ho rotto il telefono, contattami a questo numero”. Già l’uso del termine “papà” — e non “babbo” — è un primo campanello d’allarme, almeno qui in Toscana, dove il vocabolario familiare è cosa seria. E forse anche questo dettaglio dovrebbe farci storcere il naso e accendere l’attenzione.
È accaduto anche a un nostro lettore di Fornacette, che si è visto recapitare l’SMS apparentemente inviato dalla propria figlia. Un messaggio asciutto, che fa leva sull’urgenza e sull’istinto di protezione: chi non correrebbe ad aiutare un figlio in difficoltà?
Il meccanismo è subdolo: l’ignaro genitore, spinto dalla preoccupazione, chiama il numero indicato — e qui scatta la truffa vera e propria.
Al telefono, un sedicente figlio o figlia cercherà di convincere il “babbo” a condividere informazioni, spesso bancarie o magari a effettuare un pagamento per “sistemare tutto”. In alcuni casi, anche solo chiamando si può contribuire ad arricchire il credito del numero del truffatore, alimentando così un giro ben organizzato di piccole ma numerose frodi.
Cosa fare?
Le forze dell’ordine sono chiare: in caso di dubbio, contattate direttamente vostro figlio con i mezzi consueti. Se proprio non ci riuscite, chiamate il 112 e fate verificare la situazione.
Un consiglio pratico arriva anche dal buon senso: in famiglia, stabilite un codice segreto, una parola o un numero chiave che possa essere usato in situazioni reali di emergenza. Una semplice precauzione che può fare la differenza tra una truffa riuscita e un tentativo andato a vuoto.
Ricordiamolo: la truffa è dietro l’angolo, e oggi passa anche dal linguaggio, dalle abitudini e da un “papà” dove ci aspetteremmo un buon vecchio “babbo”.
