Una famiglia ottiene il riconoscimento legale di entrambe le madri dopo nove anni, ma si trova a dover pagare €14.000 di spese legali.
Nel maggio 2025, una sentenza storica della Corte Costituzionale italiana ha riconosciuto il diritto dei figli nati da coppie omosessuali di avere entrambi i genitori legalmente riconosciuti. Per Giulia e Denise, coppia di donne con un bambino nato a Pisa nel 2016, quella sentenza ha rappresentato la fine di una lunga battaglia legale durata nove anni. Comunque, la gioia della vittoria è stata presto offuscata da una sorpresa amara: una fattura di €14.000 da parte della Corte di Cassazione per coprire le spese legali degli avvocati dello Stato. Su GoFundMe, le due madri hanno condiviso la loro storia:
«Finalmente giustizia! Ma a quale prezzo?
Nel maggio 2025, la Corte Costituzionale ha finalmente riconosciuto il diritto di nostro figlio ad avere entrambe le sue mamme legalmente riconosciute – dopo nove lunghi anni di battaglie legali. Ma invece di festeggiare liberamente, ora ci troviamo di fronte a una scioccante fattura da €14.000 da parte della Corte di Cassazione per pagare gli avvocati dello Stato, gli stessi che si sono opposti alla nostra famiglia con argomenti ora dichiarati incostituzionali. Chiediamo la vostra solidarietà per aiutarci a coprire questi costi ingiusti, affinché la nostra vittoria possa davvero essere sinonimo di giustizia, e non di punizione.
Nel maggio 2025, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza storica (68/2025) che afferma il diritto dei figli nati da coppie omosessuali di donne di avere entrambi i genitori legalmente riconosciuti. Si è trattato di un passo storico contro la discriminazione LGBTQ+ e a favore dell’uguaglianza tra bambini.
Per la nostra famiglia, ha segnato la fine di una battaglia legale durata nove anni per nostro figlio, nato a Pisa nel 2016. Durante quel periodo, solo Denise, la madre che l’ha partorito, era riconosciuta come genitore. Giulia, era trattata come una “madre fantasma” senza diritti genitoriali, sebbene avessimo voluto insieme questo bambino dopo il nostro matrimonio.
Poiché Giulia, cittadina italiana, non era legalmente riconosciuta e Denise è statunitense, nostro figlio è stato anche escluso dalla cittadinanza italiana, nonostante fosse nato e cresciuto in Italia.
Il nostro percorso ha incluso un rinvio in Corte Costituzionale (2018), una vittoria in Corte d’Appello di Firenze (2022) e una sconfitta devastante in Corte di Cassazione (gennaio 2024). Alla fine, la Corte Costituzionale ha fatto giustizia: i diritti (e doveri!) genitoriali di Giulia sono stati riconosciuti, e nostro figlio ha ottenuto la cittadinanza italiana.
Ma a questa gioia immensa è seguita un’amara delusione. Nel giugno 2025 abbiamo ricevuto dalla Corte di Cassazione una fattura di € 14.000 per le spese legali degli avvocati dello Stato, gli stessi avvocati che per nove anni si sono opposti alla nostra famiglia con argomenti ora dichiarati incostituzionali.
Abbiamo scoperto che non c’è modo di contestare questo pagamento, che sembra una tattica deliberata per dissuadere altri dal difendere i propri diritti. La legge prevede che solitamente la parte che perde nel processo debba rimborsare le spese legali di chi vince, ma i giudici possono decidere di esonerare i casi che coinvolgono diritti fondamentali. Costringerci a pagare gli avvocati che hanno difeso una posizione incostituzionale è profondamente ingiusto.
Chiediamo il vostro sostegno e la vostra solidarietà. Ogni contributo, anche minimo, ci aiuta a garantire che questa vittoria conquistata a fatica sia davvero sinonimo di giustizia, non di punizione.
Grazie di cuore, Giulia e Denise».
La loro storia ha già commosso molti utenti online, diventando un simbolo della lunga strada ancora da percorrere per garantire piena uguaglianza e protezione dei diritti dei bambini nati da famiglie LGBTQ+ in Italia.






