Una lunga degenza in terapia intensiva può lasciare segni fisici e psicologici sui pazienti. Per supportarli nel percorso di recupero, insieme alle loro famiglie, l’ospedale “Lotti” di Pontedera ha attivato, nel novembre 2022, l’ambulatorio di follow-up rianimatorio.
PONTEDERA – Una lunga degenza in terapia intensiva può lasciare segni fisici e psicologici sui pazienti. Per supportarli nel percorso di recupero, insieme alle loro famiglie, l’ospedale “Lotti” di Pontedera ha attivato, nel novembre 2022, l’ambulatorio di follow-up rianimatorio.
A chi è rivolto e come funziona. “L’ambulatorio è destinato ai pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva per più di cinque giorni” spiega Paolo Carnesecchi, direttore del Dipartimento Emergenza urgenza, area critica blocco operatorio dell’ASL Toscana nord ovest. “Durante il ricovero in terapia intensiva in ospedale ai pazienti e ai loro familiari viene spiegato come funziona il percorso di follow-up. Chi decide di aderire ai controlli riceve il materiale informativo e un primo appuntamento a tre mesi dalla dimissione, con visite programmate che possono ripetersi anche a sei mesi e a un anno dalla dimissione”.
“A tre mesi si effettua un primo contatto telefonico, utile a monitorare il percorso riabilitativo, individuare eventuali complicanze e raccogliere informazioni sui sintomi sviluppati – dice Carmela D’Angelo, medica anestesista rianimatore e responsabile dell’ambulatorio pontederese – mentre a sei mesi avviene l’incontro in presenza o in videochiamata per chi ha difficoltà motorie. In questa fase, il team analizza documentazione clinica e accertamenti, suggerendo eventuali visite specialistiche (cardiologiche, pneumologiche, infettivologiche) grazie a un canale prioritario per ridurre i tempi di attesa. A nove mesi dal ricovero vengono valutati i risultati dei controlli effettuati, mentre a dodici mesi si conclude il percorso con una lettera di dimissione inviata anche al medico di famiglia, con il team che resta a disposizione per i pazienti che necessitano di ulteriore supporto”.
L’importanza del follow-up. “Dopo un ricovero prolungato in terapia intensiva – spiega Francesca Tosi, medica anestesista rianimatrice dell’ambulatorio – l’utilizzo di presidi invasivi come la ventilazione meccanica, l’allettamento prolungato, l’alterazione del ritmo sonno veglia, la somministrazione di farmaci sedativi possono comportare, per i pazienti, complicanze fisiche, come difficoltà nella deglutizione, ulcere da decubito, atrofia muscolare, e psicologiche, come ansia, insonnia, depressione che possono durare mesi o addirittura anni, configurando un vero e proprio disturbo post traumatico”.
“Esperienze di questo tipo sono stressanti, traumatiche e lasciare un impatto nella persona in termine di emozioni, sentimenti, pensieri, comportamenti e spesso le capacità di regolazione emotiva sono alterate – spiega Cristina Pagni, psicologa della UOC psicologia di continuità ospedale territorio – per cui diventa importante fornire un aiuto che consenta di elaborare al meglio queste esperienze. In particolare si tratta di riuscire ad integrare l’esperienza del ricovero nel percorso di vita della persona, in modo da riprendere una narrazione di sé che sia il più possibile coerente ed efficace e che promuova anche un adattamento a eventuali disabilità residue”.
“Nel momento in cui entrano in ambulatorio ai pazienti vengono somministrati dei questionari e delle schede di valutazione che permettono a noi operatori di capire qual è la qualità di vita successiva alla dimissione della terapia intensiva – aggiunge Silvia Morandi, coordinatrice infermieristica del reparto di anestesia e rianimazione – in questo modo riusciamo ad avere un importante feed back per tutto lo staff sul nostro operato e sul nostro lavoro”.
Un modello in espansione. In Toscana, gli ambulatori di follow-up post-intensivo sono in crescita – conclude Carnesecchi – nella nostra Asl, oltre a quello di Pontedera c’è anche quello di Lucca che vanta una lunga esperienza e ottimi risultati ed entrambi hanno l’unico obiettivo di mettere il paziente al centro del percorso di cura, accompagnandolo dalla fase acuta della malattia fino al miglioramento della qualità di vita, una volta tornato a casa”.