Il sindaco di Cascina in occasione del 25 aprile ha voluto portare il suo messaggio: “Celebrare il 25 Aprile significa ogni anno rinnovare un impegno. Per me – scrive il primo cittadino -, è il quinto anno da sindaco di Cascina in cui ho l’onore di farlo, e ogni celebrazione ha avuto un volto diverso, segnato dal tempo presente. Ma il filo che ci unisce resta lo stesso: la memoria viva della Liberazione, come fondamento della nostra democrazia.”
Di seguito il testo integrale di Michelangelo Betti: “Questo è il quinto 25 Aprile che ho l’onore di celebrare in qualità di sindaco di Cascina. Ognuno è stato diverso dall’altro: nel 2021 c’erano le limitazioni per il Covid, nel 2022 c’è stata l’invasione russa in Ucraina, nel 2023 è esploso il conflitto israelo-palestinese, il 2024 è stato caratterizzato dalle elezioni USA con una staffetta traumatica, infine quest’anno c’è il lutto nazionale per la morte di Papa Francesco.

Il passato diventa dunque strumento di comprensione del presente. Il Covid è stato l’ultimo evento che ha riunito la comunità internazionale. In seguito abbiamo assistito ad eventi che hanno minato l’equilibrio internazionale, nato nel dopoguerra e che aveva tenuto anche dopo il crollo del muro di Berlino.
Il vecchio assetto mondiale non tiene più ed il nuovo va formandosi più attraverso lo scontro e il conflitto che attraverso il confronto. Le organizzazioni internazionali paiono svuotate e non più punti di riferimento. I temi etici e morali restano ai margini, con la sola centralità dell’interesse economico. Ma proprio questa mette in crisi anche il ruolo delle istituzioni democratiche.
In vari Paesi i leader di governo diventano “uomini (o donne) soli al comando”, togliendo spazio alla rappresentanza democratica. Un processo che diventa una spirale, in cui la perdita di autorevolezza degli organismi rappresentativi porta a una perdita di fiducia in quegli stessi organismi da parte dei cittadini, con una conseguente minor partecipazione al voto.
Si tratta ovviamente di un quadro in evoluzione, ma serve consapevolezza e coscienza per contrastarlo. Contrastarlo, perché non è questo il modello a cui lavorò chi combatté per la libertà e la democrazia. Contrastarlo, perché la centralità dell’interesse economico e la vicinanza al potere dei massimi capitalisti mondiali non può che portare a una crescita delle disparità sociali e a un aumento del conflitto sociale.
È forse anche questo il messaggio più forte che è uscito dal papato di Jorge Bergoglio: l’impegno per la pace (e non l’utilizzo della guerra per la risoluzione dei conflitti) e l’attenzione agli ultimi (che nel sud del mondo, e anche da noi, rischiano di essere sempre più ultimi, senza possibilità di affrancazione dalla loro posizione). Questo il messaggio che, mi pare, si cerchi di oscurare, sottolineando una bontà generica del Papa e non la sua capacità di dare un indirizzo preciso.
Quella stessa capacità della generazione che oggi ricordiamo. Una generazione che, insieme alle truppe alleate, liberò l’Italia dal nazifascismo. Una generazione vissuta sotto 20 anni di dittatura, iniziati con l’azione delle squadracce, che a Cascina, come nel resto d’Italia, videro i primi caduti già prima della marcia su Roma. Uccisi come l’anarchico Comasco Comaschi o come Archimede Bartoli, figlio di un consigliere comunale socialista. Per citare due morti di cui abbiamo negli anni scorsi ricordato il centesimo anniversario della scomparsa.
Per la nostra amministrazione la memoria non è mai stata un’attività marginale. Proprio per tenere viva la memoria, lo scorso anno abbiamo accompagnato il ricordo dell’ottantesimo anniversario della liberazione di Cascina con una serie di cerimonie dedicate ai caduti nel nostro territorio durante l’estate del 1944.
Un percorso partito in via dell’Arancio, nel luogo in cui fu ucciso Gino Tacchi il 21 giugno 1944, e che si è concluso a fine agosto con la cerimonia all’obelisco di Pettori, per ricordare le oltre 20 vittime dei rastrellamenti nei paesi dell’Ansa dell’Arno. In questo mese abbiamo messo in piedi “I martedì della Liberazione”, non limitati al ricordo del 25 aprile a Cascina, ma con una prospettiva più ampia. Dalle basi della dittatura (Giacomo Matteotti e i comuni socialisti), al Comune durante il fascismo e durante la guerra, fino alle memorie dei deportati. Per rendere chiaro che il fascismo piegò l’Italia sotto una dittatura, tolse le libertà e finì con un Paese ridotto in macerie.
In occasione dell’ottantesimo della Liberazione, dopo 10 anni di pausa, abbiamo riportato anche il corteo della memoria. Un cammino dedicato a tre dei nostri partigiani: Nevilio Casarosa, Bruno Genovesi ed Elio Vagelli. In una lista che sarebbe ben più lunga e comprenderebbe molti nomi, ricordati anche nella toponomastica del nostro Comune.
Abbiamo voluto tenere la memoria al centro della nostra azione, coscienti che il 25 Aprile è divisivo solo per chi si richiama al fascismo. Per tutti gli altri è il giorno che avvia il percorso democratico del Paese. Per tutti gli altri è la festa della libertà.
Quinta celebrazione. Ognuna diversa. Quinta celebrazione, non l’ultima del mandato. La speranza è che la partecipazione alle celebrazioni possa crescere e il 25 Aprile possa essere identificato da tutti come il giorno che ha dato le basi alla nostra Repubblica e non il patrimonio di una parte.
E non servirebbero richiami sui modi in cui festeggiare il 25 Aprile. Le istituzioni lo hanno sempre fatto e sono abituate a farlo. Le istituzioni lo hanno sempre celebrato per ricordare la fine di una dittatura e il sacrificio di tante donne e uomini per la Liberazione. Le istituzioni lo hanno sempre celebrato con dignità, rispetto e sobrietà. Non abbiamo bisogno di richiami, avremmo piuttosto bisogno di vedere una sentita e convinta partecipazione alla festa di tutti gli italiani. Viva la Liberazione, Viva la Repubblica Italiana, Viva il 25 aprile.”