La giornalista in cella dal 19 dicembre senza nessuna accusa. Da diversi giorni Cecilia Sala è in una cella del famigerato carcere di Evin, a Teheran, in isolamento ma per fortuna “in buone condizioni di salute”.
La notizia dell’arresto giunge particolarmente dolorosa alla comunità di Peccioli, dove la giornalista era stata ospite questa estate per presentare il suo libro “L’incendio” nell’ambito delle numerose iniziative culturali del comune.
Il sindaco di Peccioli Renzo Macelloni, raggiunto da VTrend per un commento, ha espresso profonda preoccupazione: “Lucia è venuta a Peccioli l’8 Marzo al centro polivalente, per presentare il suo libro ‘L’incendio‘ ospite delle nostre numerose iniziative legate alla cultura e all’arte, di Lei non posso che dare un’immagine di grande spessore e professionalità – ci racconta Macelloni – non solo per aver scelto come impegno professionale la cronaca dai teatri di guerra, ma anche considerando la sua giovane età, ricordo che non ha ancora 30 anni.”
Il sindaco Macelloni ha voluto sottolineare come Sala, insieme a Francesca Mannocchi, rappresenti “l’eccellenza femminile delle inviate nei territori di guerra”. “Queste due figure,” ha concluso Macelloni, “mi hanno lasciato davvero il segno, sia per professionalità che di umanità”. Questo sta a dimostrare quanto le iniziative di Peccioli assumano valori di assoluto rilievo.
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“Il giornalismo – dichiara il presidente della Regione Eugenio Giani – non può mai essere un reato e non può essere mai una colpa raccontare all’opinione pubblica quello di cui si è testimoni. La Regione Toscana, nell’esprimere solidarietà a Cecilia Sala ed ai suoi cari, farà tutto quanto in suo potere per por fine a questa detenzione e restituire Cecilia a quanti le vogliono bene ed al libero esercizio della sua professione. Ridurre al silenzio chi descrive quel che vede e parla di ciò che accade è squalificante per qualsiasi governo, specie se questa forma di brutale censura è esercitata nei confronti di una donna impegnata spesso a raccontare storie di altre donne, vittime di simili forme di sopraffazione“.
Come riportato dalla stampa nazionale, Sala era partita il 12 dicembre da Roma per l’Iran con un regolare visto giornalistico, per realizzare una serie di interviste e tre puntate del suo podcast “Stories”. Avrebbe dovuto fare ritorno a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato improvvisamente irraggiungibile.
L’allarme è stato dato dal compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, e dai colleghi che hanno allertato l’Unità di Crisi della Farnesina. Nelle ore successive, Sala ha potuto effettuare due brevi telefonate alla madre e al compagno, anche se Il Post ha rilevato che potrebbero essere state controllate, notando l’uso di espressioni non naturali in italiano.
Solo alcuni giorni dopo l’arresto, l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha potuto visitarla, portandole vestiti, cibo e libri. L’incontro, durato mezz’ora, ha confermato che la giornalista è in buone condizioni di salute.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha precisato che non sono ancora noti i motivi dell’arresto o eventuali capi d’imputazione, chiedendo riservatezza per non compromettere i contatti diplomatici in corso. “La sua voce libera è stata silenziata, l’Italia e l’Europa non possono tollerare questo arresto arbitrario,” ha dichiarato Chora Media, chiedendo l’immediata liberazione della giornalista. La vicenda ha generato un’ondata di solidarietà internazionale, con l’hashtag #FreeCecilia che sta circolando sui social media.