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Pisa, 80 anni dal primo bombardamento: il sindaco consegna cartolina postale mai arrivata a destinazione

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Il sindaco consegna una cartolina postale mai arrivata a destinazione: “Gesto riparatore che più di tante parole spiega come la guerra possa condizionare e legarsi a doppio filo alle vicende delle persone”.

PISA. Si è svolta questa mattina la cerimonia di commemorazione per l’80° anniversario del primo bombardamento della città. Dopo la deposizione della corona di alloro sulla lapide in piazza Maria Santissima Ausiliatrice a Marina di Pisa, in memoria dei caduti sul lavoro, vittime del bombardamento sulla fabbrica di idrovolanti, una corona di alloro è stata deposta anche al Sostegno del Canale dei Navicelli, sulla lapide in memoria delle vittime del bombardamento del quartiere di Porta a Mare, dove si sono tenuti gli interventi ufficiali.

Il sindaco di Pisa, Michele Conti, al termine del suo intervento, ha consegnato al legittimo erede una cartolina postale delle Forze armate, mai arrivata a destinazione. Era stata spedita da Merano il 5 settembre 1943 da Renato Benedetti a sua moglie Giusepppina ma non era mai giunta a destinazione. Artigliere a Merano, Benedetti era preoccupato dalle notizie del bombardamento su Pisa e chiedeva notizie. Aveva già scritto nei giorni precedenti senza ricevere risposta. Questa lettera non era mai arrivata a destinazione fino a quando, nelle settimane scorse non è giunta al Comune di Pisa, inviata da una signora che chiedeva che venisse riconsegnata ai legittimi eredi. Quindi tramite l’Ufficio Angrafe è stato individuato il figlio, Franco Benedetti, a cui è stata consegnata la missiva del padre.

Intervento del Sindaco di Pisa Michele Conti. “Il 31 agosto di ottanta anni fa a Pisa era una bellissima giornata; una giornata calda e assolata di fine estate. D’un tratto apparvero all’orizzonte, nel cielo azzurro, le sagome di terribili aerei carichi di bombe. I testimoni ricordavano ancora il rumore basso e continuo del loro volo che dal mare si spostò rapidamente verso la città. Le sirene antiaeree avevano già risuonato da alcuni minuti, come già era accaduto centinaia di volte in quel tragico 1943. In molti pensarono che avrebbero solo volato su Pisa ma non andò così e in pochi minuti conobbero il dramma del primo bombardamento sulla città. Un bombardamento compiuto da decine di aerei che sganciarono oltre 400 tonnellate di bombe su case, palazzi, strade, piazze, fabbriche e stabilimenti, sulla ferrovia.

Subito si alzò un polverone bianco che, con il passare dei minuti, divenne una grossa nube grigia e poi sempre più scura sul cielo di Pisa. Sotto le macerie rimasero migliaia di donne e uomini innocenti. Le stime ufficiali parlarono di un migliaio (952) di nostri concittadini rimasti uccisi. Nel corso del tempo si è arrivati a stimarne oltre 2.000; mentre migliaia furono i feriti. Un bilancio reso ancora più drammatico dal numero mai veramente definito dei dispersi. Per tutti i sopravvissuti rimase per sempre il dolore e lo sconforto di quei momenti in cui la guerra entrò nelle loro case, vie e piazze della città.

Quello che si presentò il giorno successivo agli occhi dei superstiti furono la stazione centrale rasa al suolo e il quartiere di Porta a Mare polverizzato. Duramente colpita la fabbrica della Saint Gobain, della Vetri Italiani Sicurezza (Vis), e la Piaggio. Sul luogo di lavoro persero la vita molti operai (ne sono stati stimati 121) che si trovavano in quel momento in pausa pranzo. Drammatici poi i giorni successivi, con i corpi dei morti portati al cimitero suburbano di via Pietrasantina, in attesa di riconoscimento. Si creò così un autentico calvario di pisani, con i familiari che passarono in rassegna quelle povere salme allineate per provare a riconoscere i propri cari da un dettaglio, dal vestito, da un orologio, da un segno particolare sul corpo.

Quello del 31 agosto 1943, peraltro pochissimi giorni prima della firma dell’armistizio tra il governo italiano e gli alleati, fu il primo di ben 54 bombardamenti che nei mesi successivi colpirono la nostra città, in un crescendo di disperazione e distruzione che sconvolse le vite dei nostri nonni e dei nostri genitori. La guerra era entrata nelle nostre case, la Seconda guerra mondiale aveva incrociato la propria ondata di morte e distruzione con le storie dei nostri avi.

Il ricordo di quella giornata e delle settimane seguenti si impresse in modo indelebile nelle memorie dei testimoni e dei sopravvissuti. In parallelo al lutto e al dolore, si sviluppò anche una grande rete di solidarietà verso chi aveva perso i propri cari, la casa, il lavoro e tutto quello che aveva. I pisani seppero quindi rialzarsi in fretta, facendo leva sullo spirito di comunità, sul sacrificio, sull’attaccamento alle proprie radici. Valori che dobbiamo ancora oggi coltivare, saper riconoscere e valorizzare oggi come allora per far crescere la nostra comunità.

Sono passati 80 anni esatti da quei fatti. I testimoni di allora, per ragioni di età, cominciano a non esserci più. Diventa pertanto ancora più importante assumere il dovere ognuno di noi, privati cittadini o rappresentanti delle istituzioni, di fare memoria di quei fatti e mantenere vivo il ricordo di quei giorni drammatici e abituare i nostri giovani a coltivarne il racconto affinché tutti possiamo meglio comprendere da dove siamo venuti e quale strada percorrere per il futuro. Purtroppo, da allora, le guerre non sono mai finite. In ogni parte del mondo le bombe hanno prodotto morte, lutti e distruzione. Come sta accadendo da oltre un anno in Ucraina e in altre zone del pianeta. C’è bisogno allora di rinnovare quel patto intergenerazionale con chi ci ha preceduto, i nostri nonni e genitori, per ripetere a tutti: ‘Mai più guerre’.

Le armi non si limitano a uccidere solo chi la guerra la vuole e la combatte ma uccidono tutti, anche gli innocenti, i bambini, gli anziani. Uccidono tutti, anche gli animali e finiscono per distruggere anche l’ambiente. Senza considerare le possibili conseguenze di un conflitto nucleare. Oggi possibile come allora. Ecco, dunque che occorre lo sforzo di tutti per iniziare finalmente a costruire un mondo che possa prosperare e crescere nella pace e non in un’economia di guerra, morte e distruzione. Per questo oggi, a 80 anni da quella giornata tanto dolorosa per la nostra città, dobbiamo con più forza e determinazione dire no a tutte le guerre, consapevoli che lo sviluppo e il benessere si conquistano solo attraverso un impegno e una consapevolezza collettivi. Infine, prima di terminare lasciatemi compiere un gesto riparatore. Che più di tante parole spiega come la guerra possa condizionare e legarsi a doppio filo alle vicende delle persone.

Nelle settimane scorse è giunta al Comune una lettera. Una signora, che vuole rimanere anonima, da Prato ci aveva spedito l’originale di una cartolina trovata per caso in una bancarella. Si tratta di una Cartolina postale delle Forze armate. Porta la data del 5 settembre 1943, pochi giorni dopo il bombardamento a Pisa del 31 agosto. A spedirla da Merano, dove probabilmente prestava servizio, è l’artigliere Renato Benedetti (del 33° Reggimento Artiglieria) a sua moglie Giuseppina. È preoccupato delle notizie giunte da Pisa sul bombardamento e non ha ancora ricevuto risposte dalla moglie. Questa lettera non è mai stata consegnata alla signora. E anche questo ci suggerisce il clima di incertezza e difficoltà che poteva regnare in quei giorni nel Paese. Sono passati 80 anni e oggi, sono pertanto onorato di consegnarla io al figlio Franco Benedetti che invito”.

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