TOSCANA. “Da una prima analisi delle interdittive antimafia adottate dai prefetti toscani, sono risultate maggiormente esposte agli interessi delle mafie le aziende operanti nei settori della ristorazione, delle attività ricettive, del commercio e dei servizi, per legami con la criminalità organizzata campana, calabrese e siciliana”.
Questo è quanto emerso nella relazione semestrale della Dia inviata al Parlamento, nella sezione dedicata alla Toscana.
“Il livello di diffusione degli interessi della ‘ndrangheta nel tessuto socio-economico toscano – si sostiene sempre nella relazione – tende a far ritenere la criminalità organizzata calabrese, al momento, la più diffusa nella regione”, con “cellule primarie” della ‘ndrangheta che “operano mantenendo il centro nevralgico in Calabria, ma svolgendo molte attività criminose, specie quelle connesse al reimpiego di capitali”. Per quanto riguarda poi la criminalità organizzata siciliana, si afferma, la presenza nella regione di Cosa Nostra “non si fonda sul canonico controllo del territorio ma su forme e tentativi di infiltrazione nell’economia e nella finanza locali”. Presente in Toscana anche la camorra: “Sembra che i clan – si legge nella relazione – stiano facendo ricorso a più sofisticate modalità di infiltrazione, mettendo a disposizione delle aziende in crisi il proprio supporto (finanziamenti, manodopera in nero, forniture di materiale)”. In Toscana infine risulta “da tempo consistente” anche la presenza della criminalità organizzata straniera, in particolare di quella cinese, albanese e maghrebina.