In un piccolo borgo, a Santo Pietro Belvedere in località “Piedivilla” (dove il narratore è nato), un giovane cuore batteva al ritmo di una vita semplice e naturale. Era l’età tenera di quattro anni quando il mondo si aprì davanti a lui come un libro ancora da scrivere. Eppure, nonostante la giovane età, i ricordi si sono fatti strada attraverso il velo del tempo, nitidi e vibranti come il suono di una campana che annuncia una gioia imminente.
Quella giornata calda, avvolta da un’aria satura di profumi familiari, rimane incisa nella memoria come un dipinto prezioso. Sul balcone di un vecchio edificio al primo piano, il piccolo era in attesa del ritorno di qualcuno, cullato dalle note di una melodia lontana. Era il richiamo di Claudio Villa, una voce che diffondeva la prorpia melodia da una casa vicina.
E poi, come un fulmine che squarcia il cielo sereno, il rombo caratteristico di una Vespa grigia tagliò l’aria. Era suo padre, tornato dal lavoro per il pranzo, con il cuore gonfio d’affetto e il motore pulsante di vita. Il bambino gridò di gioia, annunciando l’arrivo del genitore con la stessa emozione di un araldo che annuncia la vittoria: “mamma! babbo è arrivato puoi buttare la pasta”.
Era un momento di pura magia, quando il padre sollevò il figlio e lo fece salire sulla sua fedele compagna di viaggio, la Vespa grigia. Quel momento, imprigionato nell’eternità dei ricordi, diventò un simbolo di amore e di connessione, un legame indissolubile tra un uomo e il suo piccolo compagno di avventure.
Con il passare degli anni, quella Vespa divenne più di un semplice mezzo di trasporto. Era un’icona di affetto, un ricordo tangibile di giorni felici e di risate condivise. Per il giovane narratore, quella Vespa era anche suo padre, un riflesso dei valori e dell’amore che lo aveva plasmato fin dalla più tenera età, come quando il mezzo veniva adoperato per andare alla stazione ferroviaria di Pontedera, sulle due ruote salivavano in tre: il padre la madre ed il piccolo tra i due genitori.
il nostro lettore testualmente: “…Di corsa scendevo i gradini della scala e correvo incontro a mio padre, quel giorno mi fece salire su quella vespa che sempre mi è rimasta nel cuore, era di colore grigio e mio padre mi diceva che andava più veloce delle altre perché era nuova, su mia richiesta la feci di nuovo mettere in moto, non era rumore era musica per le mie orecchie. Solo dopo ho capito il motivo di tanto affetto verso quel mezzo che oggi è diventato storia, alla Vespa era legato l’affetto per mio padre quella Vespa era anche mio padre.”
E così, anche se il tempo ha segnato il suo volto sul paesaggio e sulle strade che un tempo erano percorse con leggerezza, quel legame rimane intatto, come una costellazione luminosa. Ogni tanto, il narratore ritorna a quei luoghi che hanno visto crescere la sua felicità, portando con sé il ricordo di un amore senza tempo e di una Vespa grigia che ha scolpito il suo cuore per sempre. Fonte: un lettore, testo riscritto da Vtrend