Il pittore di Pomarance dopo aver fatto una serie sugli abbracci, sta portando avanti un lavoro sulle risse, che è stato esposto anche a New York
Alcuni giorni fa, nella notte tra giovedì 1 e venerdì 2 maggio, si sono verificate delle risse alla stazione di Pontedera.
Non è la prima volta che si verificano episodi violenti, in quella notte alcuni giovani si sono picchiati a più riprese, tra mezzanotte e le due. Nella seconda delle tre risse si vede un ragazzo rimanere a terra dopo aver subito calci e pugni. Qualche istante dopo il giovane è stato aiutato da altre persone a rialzarsi e, con fatica, ad abbandonare la zona dove era stato picchiato.
La situazione alla stazione di Pontedera, come hanno segnalato alcuni cittadini, è molto peggiorata dal giugno scorso, sono aumentate le persone senza fissa dimora che orbitano per le strade del quartiere e, di conseguenza, sono aumentate le risse.
Come si collegano questi fatti a Enrico Pantani, pittore di 50 anni di Pomarance? L’artista sta conducendo una personale ricerca sulle risse, come fenomeno sociologico. Dopo aver fatto una serie di opere sugli abbracci da qualche tempo Pantani sta facendo opere sulle risse.
Chi scrive ha recentemente intervistato Pantani e gli ha girato i video delle risse: «Grazie – ha risposto Pantani-, ci faccio delle opere».
Insomma la violenza di quanto accaduto l’altra notte è stata riportata in questi cartoncini. La serie sulle risse è esposta in questi giorni in una galleria di New York.
Ma perché dipingere le risse? «Guardando quel che succede sui giornali si vedono botte, botte da orbi, l’opposto di quel che è l’abbraccio. La rissa è l’odio, lo stesso odio che si trova nei commenti sui social. Leggevo un articolo l’altro giorno in cui dei ragazzi a Milano volevano farsi paladini della giustizia, ragazzi molto vicini alla destra. E mi interrogavo su come fosse possibile avere questa posizione… poi ho letto i commenti sotto ed erano tutti commenti di incitamento. Non c’è da capire molto, la rissa è già in atto nella società». Articolo di: Renè Pierotti