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venerdì 17 Maggio 2024

Due patologie rare a cuore e rene: caso risolto grazie al team Monasterio e Aoup

12:33

Quando una rara cardiopatia congenita e un’altra patologia estremamente rara, senza alcuna correlazione l’una con l’altra, si associano nello stesso corpo, il caso è assolutamente unico e grave.

A risolverlo, un team multidisciplinare che ha visto lavorare fianco a fianco la Fondazione Monasterio, che ha messo in campo anestesisti, cardiologi e cardiochirurghi pediatrici, con la sezione dipartimentale di Chirurgia generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.

È accaduto pochi giorni fa all’Ospedale del Cuore di Massa. Questa è la storia di Katia Moi (foto), una giovane donna della Sardegna che, nonostante conviva – e combatta – da tutta la vita con una cardiopatia congenita grave, e seguita dal dottor Roberto Tumbarello, cardiologo dell’ospedale di Cagliari, arriva nella sede di Massa della Monasterio in elisoccorso, a causa di tachiaritmie e di una pressione sanguigna molto alta.
L’irregolarità del battito e il continuo innalzamento della pressione del sangue rischiavano di complicare in maniera irreparabile l’anatomia, già gravemente compromessa, del suo cuore.

In seguito ad analisi, esami, risonanze e scintigrafie, la diagnosi: un paraganglioma peri renale. Un accumulo di cellule vicino al rene sinistro che liberava in maniera autonoma sostanza adrenalinica, la causa delle crisi di ipertensione con conseguenti aritmie. Una patologia estremamente rara – dunque – che, associata alla rarità della cardiopatia congenita, ha reso il caso assolutamente unico.

La soluzione è arrivata al termine di un incontro multidisciplinare fra le unità operative Patologie cardiache medico chirurgiche dell’infanzia e del congenito adulto, Cardiochirurgia pediatrica e del congenito adulto, Anestesia e rianimazione della Fondazione Monasterio e i chirurghi della sezione dipartimentale di Chirurgia generale dell’Aoup.

L’intervento, resosi necessario a causa della delicata situazione clinica di Katia, è stato programmato nel giro di pochi giorni all’Ospedale del Cuore: mentre il team degli Anestesisti della Monasterio avrebbe mantenuto la paziente in condizioni emodinamicamente stabili, il team della Chirurgia generale di Cisanello avrebbe rimosso in laparoscopia la neoformazione intorno al rene.

Un esempio – da una parte – di efficacia della collaborazione tra strutture di eccellenza e – dall’altra – di successo, ancora una volta, della rete ospedaliera della Regione Toscana. Coordinazione, precisione e strategia condivisa: questa la chiave che ha permesso l’ottima riuscita del delicato lavoro sinergico in sala operatoria. Specializzazioni e mani diverse che hanno teso, tutte, verso un solo obiettivo: un intervento cucito su misura della paziente.

«Un intervento delicato, soprattutto per il quadro clinico generale particolarissimo della paziente – commenta il professor Luca Morelli, chirurgo della sezione dipartimentale di Chirurgia generale universitaria di Cisanello (Aoup) e primo operatore dell’intervento –, a causa della congestione cronica del circolo venoso. Abbiamo dovuto adattare l’intervento alla particolare situazione clinica della paziente: questo ha significato lavorare in laparoscopia con una pressione più bassa (5 millimetri di mercurio contro i soliti 12 millimetri), al fine di non compromettere la particolare fisiologia univentricolare del suo cuore, ed affidarci alla gestione anestesiologica di medici della Monasterio.
Un team multidisciplinare che ha lavorato in sinergia per il benessere della paziente, che adesso sta bene e può tornare a casa».

«Il caso di Katia – afferma la dottoressa Nadia Assanta, direttore dell’unità operativa Patologie cardiache medico chirurgiche dell’infanzia e del congenito adulto all’Ospedale del Cuore della Monasterio – ha dimostrato ancora una volta quanto il paziente con cardiopatia congenita sia di difficile gestione. Nel caso di comparsa di sintomi, molto spesso il primo orientamento di tutti i medici è rivolto alla cardiopatia di base, tralasciando tutto il resto del corpo umano. Per seguire il paziente, in particolare Guch, bisogna avere una visione a 360 gradi: considerare non solo che tutti gli organi sono collegati al cuore e, quindi, influenzati dalla cardiopatia congenita, ma anche che possono sopravvenire delle patologie completamente indipendenti. Un’altra cosa che ci ha insegnato Katia è che l’unione di più teste, mani e discipline sono sempre un’arma vincente».

«Professionalità e umanità – commenta Katia Moi, con una risata contagiosa, un sorriso sincero stampato sul volto, e un ottimismo fuori dal comune. All’Ospedale del Cuore hanno trovato la causa delle mie ultime sofferenze, e hanno risolto il problema. Hanno tolto il “vermetto”, come amiamo definire, scherzando, il paraganglioma che mi portavo dentro, e mi sento finalmente libera. Una volta ho sentito dire che le malattie rare capitano alle persone rare: mi rincuora, ma non mi sento diversa dagli altri, non sono un eroe. Nella mia vita ci sono state tante cose brutte, è vero, ma esattamente come accade nella vita di tanti altri che, prima o dopo di me, soffrono. Vinta questa battaglia, continuerò a godere delle cose belle della vita. E torno a casa portando nel cuore questo posto».

[fonte: Ufficio stampa Fondazione Monasterio]

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