Riportiamo integralmente le dichiarazioni di Pro Vita & Famiglia.
A Pontedera, l’associazione Pro Vita & Famiglia ha avviato una nuova campagna utilizzando camion vela per diffondere messaggi forti contro l’insegnamento della fluidità di genere nelle scuole. I cartelloni riportano dichiarazioni attribuite a studenti minorenni su lezioni che trattano temi come l’identità di genere e l’inclusività, con l’obiettivo di denunciare quella che definiscono una diffusione dell’“ideologia gender” priva dell’approvazione delle famiglie. L’associazione chiede l’introduzione di una legge che garantisca il consenso informato dei genitori su questi argomenti, la possibilità per le famiglie di esonerare i propri figli da tali attività scolastiche e il divieto di accesso per attivisti LGBTQ+ negli istituti. Alla campagna è legata la petizione intitolata “Mio Figlio No”.
Riportiamo integralmente le dichiarazioni di Pro Vita & Famiglia.
«La nostra presenza non nasce dalla volontà di combattere una “fantomatica teoria gender”, ma dall’esigenza di denunciare progetti concreti – approvati dalle istituzioni e promossi anche nelle scuole primarie – che puntano a modificare radicalmente la percezione dell’identità personale, dei ruoli di genere e dei rapporti sociali fin dalla più tenera età. Non si tratta di semplici attività contro il bullismo o a favore del rispetto, su cui non ci sarebbe nulla da eccepire, ma di iniziative volte a destrutturare stereotipi di genere, come confermato ufficialmente nei progetti “Alla Pari” e “Cross” sostenuti dalla Regione Toscana”», dichiarano da Pro Vita.
«Dire che “nessuno va nelle scuole a fare quello che denunciamo” è, pertanto, falso. Tali progetti esistono, sono finanziati con fondi pubblici, e coinvolgono bambini anche nella scuola dell’infanzia. Sempre più genitori, preoccupati, ci chiedono aiuto per capire e proteggere i loro figli», continuano da Pro Vita.
«Difendere il primato educativo delle famiglie non è ostilità verso alcuna categoria sociale, bensì un atto di responsabilità civile. È grave che il nostro impegno venga liquidato come “di cattivo gusto”, quando in gioco vi sono i diritti fondamentali dei genitori e la tutela dell’infanzia», spiegano da Pro Vita.
«Inoltre, ci preme sottolineare che il ruolo delle amministrazioni non dovrebbe essere quello di assecondare ideologie proponendo soluzioni ingannevoli, come l’adozione di nomi alternativi per giovani affetti da disforia, come nella procedura della Carriera Alias adottata in un paio di licei a Pontedera (Montale e Marconi) inducendoli a credere di appartenere a un sesso diverso da quello biologico. Desideriamo sottolineare che chi aderisce alla rete RE.A.DY – come il Comune di Pontedera – si impegna formalmente ad attuare azioni educative e culturali fortemente orientate, spesso all’interno delle scuole, coinvolgendo bambini e ragazzi in percorsi formativi che parlano di identità di genere fluida, autodeterminazione sessuale, famiglie omogenitoriali e altri concetti lontani dal sentire comune della maggioranza delle famiglie italiane», sottolineano da Pro Vita.
«Abbiamo bisogno di amministrazioni che promuovano il bene integrale della persona, non slogan ideologici mascherati da “difesa dei diritti”. Sarebbe inoltre auspicabile che l’assessore regionale Alessandra Nardini accettasse un confronto pubblico, invece di nascondersi dietro formule retoriche», concludono da Pro Vita.. Fonte: Comunicato Stampa Pro Vita & Famiglia
La vicesindaca Carla Cocilova, con delega alle politiche sociali, è intervenuta duramente sulla vicenda: CLICCA QUI