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Aggressioni agli operatori sanitari, l’Aoup non abbassa la guardia

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La sicurezza degli operatori sanitari è una priorità e come tale va perseguita, con azioni preventive, formative e investimenti sul lungo periodo.

L’Aoup non abbassa la guardia sul tema della sicurezza degli operatori sanitari, né minimizza qualunque episodio di insofferenza, violenza solo verbale o anche fisica che si verifichi ai danni degli operatori sanitari in ogni ambiente ospedaliero, che siano i reparti giudicati a maggior rischio di aggressioni o tutti gli altri contesti lavorativi. Purtroppo il brutale assassinio della psichiatra Barbara Capovani dell’aprile 2023 – una ferita aperta per l’Aoup, l’Azienda Usl Toscana nord-ovest di cui era dipendente e l’intera città – è stato uno spartiacque su questo tema e da lì indietro non si torna.

La sicurezza degli operatori sanitari è una priorità e come tale va perseguita, con azioni preventive, formative e investimenti sul lungo periodo, come si sta facendo anche in Aoup da quando la Regione ha cominciato a emanare le prime disposizioni in materia già dal 2018 in poi, con l’adozione di misure urgenti come l’installazione di sistemi di videosorveglianza e allarme, il ricorso a un apposito corpo di vigilanza, il supporto psicologico al personale aggredito, un osservatorio regionale coordinato dal settore sicurezza nei luoghi di lavoro e l’istituzione di un gruppo di lavoro tecnico composto da personale dei settori prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro e rischio clinico.

Tutte disposizioni recepite pienamente in Aoup dove esiste da sempre un posto fisso di polizia accanto al Pronto soccorso (anche recentemente ristrutturato). Inoltre l’Azienda ha istituito un servizio di vigilanza h 24 interno al Pronto soccorso, oltre ad aver imposto che tutti i varchi di ingresso carrabili ai due presidi ospedalieri siano presidiati da vigilanza. Ci sono inoltre: una piedipattuglia di giorno nei vari reparti e un’autopattuglia h24 che effettuano ricognizioni continue su entrambi i presidi ospedalieri, gli steward e la vigilanza che gestiscono le aperture e chiusure dei cancelli e presidiano le telecamere di videosorveglianza nei parcheggi. Gli investimenti nel settore sicurezza sono quindi corposi perché solo il servizio di vigilanza, fra armata e non armata, costa all’Aoup circa 1 milione e mezzo di euro l’anno.

Fra l’altro, insieme all’Asl Toscana nord-ovest, a marzo l’Aoup è stata fra le prime Aziende in Toscana a sottoscrivere un protocollo d’intesa con la Prefettura per prevenire e arginare le aggressioni ai sanitari. Sempre in tema di sicurezza, in Aoup esiste la procedura 179 sulla prevenzione e gestione degli atti di violenza a danno dei lavoratori con cui è stato istituito il numero di emergenza 7222 (dalla rete esterna 050.997222) per attivare le guardie giurate, di cui possono avvalersi anche i dipendenti di ditte esterne che lavorano in ospedale.

Più recentemente, poi, con lo stanziamento dei fondi previsto dalla  delibera regionale 1183/2023 (150mila euro per il biennio 2024/2025), l’Aoup ha installato pulsanti antiaggressione nella Pediatria, nelle Ostetricie e Ginecologie e nella Psichiatria del Santa Chiara (in quest’ultimo caso anche una rete citofonica e due telefoni con display nelle medicherie). Inoltre è stato programmato l’acquisto di 10 dispositivi di allarme  indossabili (un prima tranche) in dotazione alle varie unità operative, l’installazione di cassette di sicurezza e telecamere all’Edificio 3 del Santa Chiara dove ha sede l’Spdc, telecamere anche all’edificio 31 di Cisanello (Pronto soccorso) e l’avvio di una campagna di comunicazione rivolta agli utenti con manifesti e spot trasmessi sui monitor nelle sale d’attesa dei vari ambulatori e del Pronto soccorso. Sono in fase di perfezionamento invece gli interventi riguardanti un tabellone che informi sulle attese (al Pronto soccorso)  e un’attività di formazione in presenza per gli operatori sanitari in servizio nei reparti a maggior rischio di aggressioni.

Sul tema delle aggressioni serve però anche una presa di coscienza collettiva da parte della società civile, di tutti gli stakeholders, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni oltreché degli enti e delle istituzioni deputati alla tutela dell’ordine pubblico affinché si comprenda che l’ospedale è innanzitutto un luogo di cura e che è impossibile chiuderlo a compartimenti stagni così come militarizzarlo del tutto, proprio a causa dell’organizzazione del lavoro e delle dinamiche che lo caratterizzano.

Inoltre l’aggressività, l’insofferenza nei confronti delle attese, la mancanza di tolleranza, di educazione e rispetto sono fenomeni ormai diffusi un po’ ovunque nel mondo, in forte aumento negli ultimi decenni a causa anche della crisi economica che investe tutti i settori e dei cupi scenari internazionali. Gli anni di pandemia hanno sicuramente contribuito a esacerbare gli animi – così come i social network, che spesso fungono da moltiplicatore di rabbia – ma queste manifestazioni di sfogo incontrollato sono tutte spie di un forte disagio sociale che spinge le categorie più fragili a scaricare il proprio malessere proprio nei luoghi di cura, identificando paradossalmente il nemico proprio in chi invece è deputato all’aiuto e al sostegno.

L’ospedale può quindi difendersi come può, ricorrendo a tutti i provvedimenti che è possibile attuare senza pregiudicare le attività sanitarie, ma è evidente che curare queste piaghe sociali sia un processo lungo e un compito demandato primariamente alle istituzioni politiche e sociali deputate a favorire il benessere della collettività.

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