Il commovente ricordo del collega Prof. Mauro Ferrari nel giorno in cui Mosca avrebbe compiuto 80 anni.
PISA. “Ventre a terra”. E’ questa la frase che usava il Prof. Franco Mosca pioniere illuminato ed illuminante della tradizione cinquantennale dei trapianti a Pisa. A ricordare quella frase, nel giorno in cui il Prof. Mosca avrebbe compiuto 80 anni è il Prof. Mauro Ferrari già insignito dell’Ordine del Cherubino e membro del comitato scientifico della Fondazione Arpa. Ferrari, di origini livornesi, è cresciuto nella scuola del Prof. Mario Selli e del Prof. Franco Mosca e ha avuto in lui il proprio mentore.
“Da studente frequentavo – ricorda Ferrari – come altri studenti dell’epoca, le corsie ospedaliere o chirurgiche. Fui affidato al dott. Mosca, sì a quell’epoca era ancora dottore ma aveva in sé il carisma e la competenza che sarebbero sbocciati di lì a poco. Con lui a fianco, ho fatto tutto il cursus honorum; prima la laurea, poi la specializzazione, poi la ricerca fino a diventare docente. Io e il Prof. Mosca eravamo diventati colleghi. Colleghi sì, ma ho sempre avuto un certo imbarazzo ad essere accostato a Mosca vista la caratura della personalità. Posso dire che il nostro rapporto non si è mai interrotto, si è solo evoluto nel tempo fino ad un mese dalla sua scomparsa quando lo andai a trovare a casa”.
Visto che si sono celebrati da poco, i 50 anni dell’attività di trapianti della nostra azienda ospedaliera, non si può prescindere dal fulcro attorno cui si è sviluppata quell’attività pionieristica, e quel fulcro è il Prof. Mosca. E non c’è personalità migliore a ricordare quel periodo del Prof. Ferrari: “Ricordo bene un evento quando cioè il testimone nei trapianti renali passò al Pof. Mario Carmellini e da lui al Prof. Ugo Boggi, ma ricordo altrettanto bene quando Mosca riattivò nel 1982, il programma di trapianto renale, dopo che Mario Selli, lo aveva acceso nel 1972, 50 anni fa. Il gruppo diretto da Mosca, la cui sede era presso la ‘Patologia Chirurgica’, si trasferiva presso la ‘Clinica Chirurgica’, perché le sale operatorie della ‘Patologia Chirurgica’ non erano abilitate per eseguire il trapianto renale. A quei tempi, ero spesso io ad aiutare Mosca. Ricordo l’impegno con il quale egli dirigeva e motivava tutto il gruppo e la determinazione con la quale poneva in evidenza Pisa all’interno del programma nazionale dei trapianti. Ogni volta che giungeva la notizia di un possibile trapianto, tutto il meccanismo si attivava e lui pretendeva che non ci fosse la minima incertezza in nessuna delle fasi di attivazione e allertamento del possibile ricevente, accertamento della compatibilità donatore-ricevente, preparazione della sala operatoria. Tutti coinvolti e tutti ‘ventre a terra’, come amava dire. La sensazione era che quello fosse l’unico scopo della sua vita: però, standogli vicino, si capiva che metteva lo stesso impegno per altri progetti, tutti affrontati con lo spirito cui faceva riferimento Boggi, cioè da ‘Chirurgo’, non da uno che fa il chirurgo ed altro. Voglio aggiungere che Mosca è riuscito, cosa unica e rara, a coinvolgere l’intera società civile nelle sue iniziative”.
Redazione VTrend