Scontro istituzionale in assenza di una norma nazionale. La Regione difende la propria iniziativa, mentre il Parlamento riapre il dibattito su una legge attesa da anni.
Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge approvata dalla Regione Toscana in materia di suicidio medicalmente assistito, riaccendendo il dibattito politico e giuridico su uno dei temi più delicati della bioetica contemporanea. Una mossa che arriva in assenza di una normativa nazionale, nonostante le sollecitazioni della Corte Costituzionale, che con le sentenze n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 ha riconosciuto alle Regioni la possibilità di legiferare in materia, nei limiti definiti dalla giurisprudenza.
La legge toscana si fonda proprio su quelle pronunce e prevede la possibilità di accedere al suicidio medicalmente assistito per chi soffre di una patologia irreversibile, vive condizioni di sofferenza fisica o psicologica ritenute intollerabili, è dipendente da trattamenti di sostegno vitale e possiede piena capacità di intendere e volere. A garantire il rispetto di tali condizioni, la normativa istituisce una Commissione multidisciplinare – composta da medici, psicologi ed esperti legali – incaricata di valutare entro 20 giorni ogni singolo caso.
A sollevare un duro giudizio sulla decisione del Governo è stato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che ha definito “paradossale” l’intervento dell’esecutivo. «È paradossale che, invece di lavorare su una legge nazionale attesa da anni, il Governo scelga di ostacolare chi si è impegnato per attuare quanto stabilito dalla Corte. Difenderemo con determinazione la nostra legge, certi di aver agito nel rispetto della legalità, della Costituzione e, soprattutto, delle persone», ha detto Giani.
Nel frattempo, dopo mesi di stallo, il Parlamento è tornato a occuparsi della questione. In Senato si lavora a un nuovo testo base che dovrebbe fungere da punto di partenza per il confronto tra i gruppi politici e per la presentazione di emendamenti. L’assenza di una legge nazionale, che ormai dura da anni, continua a creare disomogeneità sul territorio e a lasciare i cittadini in balia di incertezze giuridiche. La Toscana, come già aveva fatto l’Emilia Romagna, ha scelto di intervenire, ma lo scontro istituzionale resta aperto.