L’animale è stato abbattuto e le sue carni distrutte per scongiurare ulteriori possibili contaminazioni.
L’11 febbraio l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha dato conferma della presenza di Trichinella in una carcassa di cinghiale precedentemente abbattuto a Careggine. L’animale in questione pesava 80kg e aveva circa due anni ed è stato abbattuto il 14 dicembre del 2024.
Come riporta la Stampa Locale, a seguito della scoperta della presenza di Trichinella da parte dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della sezione di Pisa, le carni infestate dal parassita sono state distrutte per evitare ulteriori contaminazioni.
La trillichellosi, detta anche trichinosi, è una zoonosi, ovvero un’infezione trasmissibile tra animali e uomo, causata da vermi (nematodi) appartenenti al genere Trichinella. Quest’ultima è un parassita che inizialmente si localizza a livello intestinale per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, dove poi si incistano.
Il parassita è in grado di infettare i mammiferi, gli uccelli e i rettili, soprattutto quelli carnivori e onnivori come: maiale, volpe, cinghiale, cane, gatto, uomo.
Gli uomini s’infettano consumando carne cruda o poco cotta , o lavorando la carne di animali infettati, più frequentemente maiali, cinghiali selvatici od orsi. Le larve vengono liberate nell’intestino tenue, penetrano la mucosa e diventano adulte in 6-8 giorni. Le femmine sono lunghe circa 2,2 mm e i maschi circa 1,2 mm.
Come segnalato dall’Azienda Usl Toscana Nord Ovest a scopo puramente precauzionale, per evitare possibili contaminazioni delle persone, si ricorda alla popolazione che la trichinellosi può essere prevenuta osservando alcune specifiche misure igienico sanitarie https://www.epicentro.iss.it/trichinella/
Nell’uomo i danni possono variare: da infezioni asintomatiche al possibile decesso. Tendenzialmente la sintomatologia più comune prevede diarrea, debolezza, febbre, dolori au muscoli ed edemi alle palpebre superiori.
Si ricorda che i maiali macellati a domicilio, come tutta la selvaggina devono preliminarmente essere esaminati da un esperto veterinario prima di essere consumati, per essere certi della non presenza di eventuali parassiti nelle carni.
L’ultima positività del parassita riscontrata nella zona della Valle del Serchio risale al 2013. In quel caso diverse persone furono infettate: una trentina di cacciatori avevano infatti consumato delle salsicce di cinghiale crude.
CN