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giovedì 25 Aprile 2024

Truffe ai pisani per milioni di euro, falsi broker in manette. ++VIDEO++

11:24

Sgominato sodalizio internazionale di cyber criminali: truffati investitori per 15 milioni di euro.

Il 13 dicembre, a Tirana (Albania), Cagliari, Padova e Piacenza, i Carabinieri del Comando di Provinciale di Pisa hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere e a due decreti di sequestro preventivo per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro, emessi dai GIP del Tribunale di Pisa e di Piacenza su richiesta della Procura della Repubblica di Pisa, diretta dal Procuratore Alessandro Crini, disposti nei confronti dei conti correnti e depositi bancari nella disponibilità di 3 soggetti di nazionalità albanese (2) e italiana (1), organici ad un sodalizio, cui si aggiungeva anche 1 altro soggetto collegato, ma non partecipe alla compagine criminosa, tutti ritenuti responsabili – a vario titolo – di associazione per delinquere, di truffa aggravata e di esercizio di intermediazione finanziaria in assenza di abilitazione, connessi a investimenti di ingenti somme di denaro in titoli e cripto valute e di riciclaggio. 

Il provvedimento reale scaturisce da un’articolata attività investigativa, convenzionalmente denominata “HOAX“, avviata nel maggio 2019 Maggio 2019 dal Reparto Operativo-Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Pisa e coordinata dal sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Giovanni Porpora, che, avendo interessato anche altri Paesi europei, si è avvalsa del supporto dell’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), tramite la quale veniva costituita una Squadra Investigativa Comune con le Autorità Giudiziaria e di Polizia dell’Albania; gli esiti di tale strutturata indagine hanno consentito di evidenziare una consolidata modalità di condotta dei componenti del sodalizio che, con la promessa di lauti profitti, avvalendosi di un call center localizzato a Tirana, attraverso modalità di contatto telefonico attuate mediante numerazioni virtuali non identificabili (spoofing) e reti VPN delocalizzate, proponevano alle vittime consistenti investimenti in criptovalute, che una volta nella disponibilità degli indagati, venivano irrimediabilmente persi e conseguentemente oggetto di reimpiego da parte di soggetti connessi, ma non organici all’associazione. 

Le investigazioni, in particolare, hanno dimostrato un collaudato e disinvolto modus operandi, caratterizzato da una reiterazione sfrenata delle condotte criminose, che si declinava in tre fasi: 

  • in una prima fase, l’approccio iniziale consisteva nel garantire un immediato guadagno economico a fronte di un piccolo investimento delle vittime, che serviva a convincerle della proficua rendita dello stesso. Successivamente la vittima confortata dalla consultazione di un’ingannevole piattaforma internet, del tutto fittizia, veniva poi contattata da un finto broker e convinta ad investire sempre più denaro;
  • in una seconda fase, veniva stabilito fra gli investitori e i falsi promotori finanziari un “rapporto di fiducia”, che consentiva a questi ultimi (tramite specifici softwares di controllo del pc da remoto) di accedere alle pagine personali dell’home banking delle vittime, ottenendo così contezza dei dati personali e della situazione economica di queste ultime e riuscendo, in molti casi, a convincerle ad investire l’intero capitale economico disponibile;
  • Infine in una terza fase, la vittima, che scopriva l’inganno alla richiesta dell’incasso, veniva contattata, poco tempo dopo, da altri sedicenti appartenenti a società di recupero crediti che convincevano la stessa a versare ulteriore denaro per recuperare le somme perdute ovvero la inducevano a intestarsi quote di nuove società, costituite ad hoc dagli stessi indagati.

Nel corso dell’inchiesta è stato accertato che, mediante tale espediente, i falsi broker riuscivano a convincere le vittime ad investire in criptovalute, proponendo vantaggiosi investimenti a rischio zero di trading on line, creando un account in un portale e, una volta eseguito il bonifico, provvedevano ad azzerare gli account creati nel citato portale, appropriandosi delle somme ricevute e rendendosi irreperibili anche telefonicamente. Le vittime versavano in diverse tranche degli importi corposi su un conto corrente estero, intestato ad una società estera, dove, in un anno di operatività, risultavano versati oltre 3 milioni e mezzo di euro. Dalle informazioni relative all’apertura del conto corrente on line, è stato possibile risalire, mediante l’indirizzo IP impiegato per la trasmissione dei dati, all’utilizzatore effettivo dell’utenza telefonica funzionale all’apertura del conto; a costui, destinatario della misura cautelare in carcere, è riconducibile il complesso sistema di truffe e raggiri legati agli investimenti in criptovaluta, oggetto dell’odierna operazione, nonché la promozione e l’organizzazione del sodalizio criminoso dedito a tale scopo. 

Il prosieguo dell’attività investigativa ha consentito di individuare molteplici episodi di truffa, attuate per il tramite di più società utilizzate dal sodalizio che, per contattare le proprie vittime, si serviva di un gestore estero che offre servizi legati alla telefonia, tra i quali l’acquisto di numerazioni virtuali con prefissi internazionali, la configurazione di un centralino virtuale e la gestione di tutti i servizi da remoto, attraverso la rete internet. 

Gli associati si introducevano nel PC delle vittime assumendone la completa gestione e inducendole a prelevare dalla rete internet e ad installare nel proprio PC un particolare tipo di software, indicato come necessario per poter procedere alle transazioni economiche. 

Le operazioni virtuali effettuate dalla compagine associativa avvenivano tramite indirizzi IP di Pure VPn, un servizio di rete privata virtuale commerciale che nascondeva il vero indirizzo IP di origine, vanificandone la tracciabilità; è infatti stato possibile riferire gli indirizzi occultati agli indagati solo perché, in taluni casi, gli utilizzatori non hanno celato gli indirizzi di origine. 

Ed è stato proprio grazie all’attività di riscontro nei dati di localizzazione e nell’attività di indagine svolta dalla polizia della Capitale albanese che si è individuato il Call Center di Tirana, gestito da una società amministrata dal promotore dell’associazione criminosa; la metodologia d’indagine ha consentito di evidenziare come la maggior parte dei conti correnti sia riferibile al medesimo indirizzo IP in uso a costui, a cui è possibile inoltre riferire i conti correnti collegati a diverse società. 

Gli elementi di prova raccolti hanno evidenziato l’esistenza di un sodalizio criminale ben strutturato al cui vertice vi è un promotore, di nazionalità albanese, organizzatore e dirigente del complesso sistema associativo nel quale sono coinvolti soggetti con ruoli stabili e determinati. Vi è poi la figura di un soggetto italiano residente in provincia di Cagliari, indagato in stato di libertà, che si pone al servizio del sodalizio per indurre le persone, già contattate dai sedicenti broker, a compiere investimenti in criptovaluta e che, in qualità di intermediario, si recava personalmente in trasferta, nei luoghi di residenza delle vittime al fine di persuaderle ad investire in moneta virtuale. Ancora, un terzo soggetto residente in Albania, che risultava proprietario unico di una società, per la quale è titolare anche di un conto corrente associato all’indirizzo IP in uso al promotore del sodalizio; tale società è stata oggetto di un Ordine Europeo di Indagine in ragione dei rapporti interbancari intrattenuti con IBAN appartenenti al principale indagato e per aver corrisposto provvigioni al soggetto italiano. Infine vi è la posizione di un quarto soggetto che, fratello del promotore dell’associazione, non risulta affiliato al sodalizio, non partecipando alla realizzazione dei reati-scopo posti in essere dall’associazione, ma risponde del delitto di riciclaggio, reato del tutto occasionale rispetto al programma criminoso degli associati; in particolare, egli beneficia di accrediti provenienti dai conti correnti delle società in uso all’organizzazione, disponendone in parte ed acquistando beni di lusso, tra cui un orologio di 8000 euro e due autovetture di considerevole valore (tra cui una BMW 420 D X Drive), ovviamente non giustificabili rispetto all’esigua disponibilità patrimoniale dell’uomo, che esercita una professione retribuita con uno stipendio mensile di 1000 euro, se non alla luce dell’attività svolta dal fratello. 

Numerosi i reati ricostruiti tra cui se ne citano alcuni emblematici del modus operandi. 

Una donna della provincia di Pisa veniva contattata telefonicamente da un primo broker, ne incontrava di presenza altri che le prospettavano investimenti vantaggiosi a rischio zero di trading on line in criptovaluta su una piattaforma, con la possibilità di disinvestimento in qualsiasi momento e la inducono ad aderire all’offerta, mediante versamento in diverse tranche di denaro tramite bonifico effettuato su un conto acceso presso una banca lituana; alla fine alla donna vengono sottratti 85.000 euro che vengono immediatamente distratti dal suddetto conto ad opera degli indagati, nonostante la richiesta della vittima di vedersi restituita la cifra. 

Un’altra donna, sempre della provincia di Pisa, veniva contatta telefonicamente da un sedicente broker, ne incontrava altri nel suo comune di residenza, veniva convinta a fare la stessa trafila analizzata nel primo caso e, come risultato, con le stesse modalità, perde la considerevole cifra di oltre 250.000,00 euro. 

Un uomo della provincia di Pisa, con le stesse modalità, viene convinto ad effettuare più bonifici su conti correnti esteri intestati a numerose società; perde quasi 265.000,00 euro, parte per gli investimenti, parte per spese legali da sostenere per recuperare le somme investite. 

Particolarmente emblematico è il caso di due donne che, vittime di analoghi artifici e raggiri, arrivano ad investire la considerevole somma complessiva di 1.290.000,00, oltre ad effettuare un altro versamento per tentare di recuperare il capitale già investito. 

Il sequestro preventivo in via diretta e per equivalente dei conti correnti in uso agli indagati, fino alla concorrenza della somma di 3.036.800,00 e, in caso di incapienza, il sequestro per equivalente in solido dei beni nella disponibilità degli stessi, ha consentito inoltre di acquisire 3 proprietà immobiliari e 8 terreni nella disponibilità di due indagati di nazionalità albanese, mentre le perquisizioni, condotte nelle fasi esecutive dei provvedimenti, hanno consentito di sequestrare circa 160 PC corrispondenti ad altrettante postazioni di lavoro e 3 server gestionali presenti nel Call Center. 

Il provvedimento reale eseguito nei giorni scorsi ha interrotto l’attività criminale in corso evitando che ulteriori vittime potessero cadere nella rete dei truffatori. 

Fonte: Cap. Domenico Montalto Comandante Nucleo Investigativo Pisa

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