L’analisi finale sull’evento della tempesta geomagnetica che si è verificata tra la sera del 10 e dell’11 maggio 2024.
La sera del 10 maggio e nella notte del 11 maggio 2024, abbiamo assistito a un evento celeste di rilevanza storica: una significativa tempesta geomagnetica causata da una “regione attiva” del sole, nota come AR3664.
Nel corso dei giorni precedenti, questa regione attiva ha visto più che raddoppiare le sue dimensioni, diventando una delle più imponenti del ciclo solare attuale, estendendosi per quasi 200.000 km da un capo all’altro. Per dare un’idea della sua vastità, basti pensare che è 15 volte più ampia della Terra! Le sue dimensioni rimandano a quelle della celebre tempesta solare di Carrington del 1859, che generò una serie di intensi brillamenti solari e emissione di CME (Eiezioni di Massa Coronale), causando una tempesta magnetica così potente da far brillare l’aurora boreale fino a latitudini insolite, come Cuba e le Hawaii, e persino in Italia. Tornando ai giorni in questione, sebbene la tempesta magnetica sia stata meno intensa rispetto a quella del 1859, il CME che l’ha innescata è stato significativo, consentendo comunque il raggiungimento di valori notevoli. Un esempio tangibile è l’indice Disturbance Storm Time (Dst), utilizzato per misurare l’attività geomagnetica e valutare la gravità delle tempeste geomagnetiche, che ha toccato il valore di -412 nT alle 22:54 UTC del 10 maggio 2024, un livello non registrato dal 2003.
Questo indice si basa sulla media della componente orizzontale del campo magnetico terrestre misurato presso quattro osservatori geomagnetici vicino all’equatore, ed è un indicatore della crescita e del recupero della corrente ad anello nella magnetosfera terrestre. Più basso è il valore, maggiore è l’energia immagazzinata nella magnetosfera terrestre. Viene comunemente utilizzato per classificare la gravità delle tempeste geomagnetiche, raggiungendo livelli estremi come la tempesta geomagnetica di classe G5 verificatasi in questo caso. La tempesta geomagnetica ha generato un’ampia aurora boreale che si è estesa su gran parte dell’emisfero settentrionale, come dimostrato anche dalle seguenti elaborazioni grafiche. Nel continente europeo, l’aurora ha raggiunto una latitudine prossima al 48° parallelo.
L’aurora boreale rappresenta un indicatore diretto dell’intensità raggiunta da una tempesta geomagnetica e può avere impatti significativi su diversi aspetti della tecnologia e delle infrastrutture moderne:
- Reti elettriche: Le forti tempeste geomagnetiche possono indurre correnti nelle linee elettriche, provocando il surriscaldamento dei trasformatori e potenzialmente causando diffuse interruzioni di corrente.
- Comunicazioni satellitari: Le particelle cariche possono danneggiare l’elettronica satellitare e interrompere i segnali di comunicazione.
- GPS e sistemi di navigazione: I disturbi geomagnetici possono interferire con la precisione del GPS e di altri sistemi di navigazione.
- Comunicazioni radio: Possono interrompere i segnali radio, influenzando i sistemi di comunicazione che si basano sulle bande HF, VHF e UHF.
Fortunatamente, l’intensità della tempesta geomagnetica osservata è stata inferiore e non ha prodotto problemi significativi alle diverse infrastrutture.
In Italia così come ad altre latitudini inferiori cosa abbiamo osservato? L’aurora, come confermato dai dati, si è limitata al 48° parallelo. Tuttavia, nelle zone prossime a questa linea, potrebbe essere stata visibile direttamente. Le condizioni ideali permettono infatti di osservare l’aurora boreale anche a distanze fino a 1000 km. Di conseguenza, località situate nelle zone alpine e nel Nord-Est settentrionale potrebbero aver avuto la possibilità di assistere in parte a questo fenomeno. Per quanto riguarda le altre zone più meridionali, come la Toscana, dove abbiamo potuto registrare tramite la nostra webcam di San Casciano di Cascina il seguente filmato, abbiamo osservato un fenomeno affine alle aurore boreali, noto come STEVE (Strong Thermal Emission Velocity Enhancement).
https://youtu.be/whZ6a6AMhH0 Timelapse dalla webcam di San Casciano di Cascina Pisa tra il 10 e l’11 Maggio 2024
Per comprendere meglio, possiamo immaginare la parte superiore dell’atmosfera terrestre come un vorticoso brodo di plasma, il quarto stato della materia, composto da particelle cariche chiamate ioni.
A volte, il plasma in movimento può formare brevi e veloci flussi che si muovono da est a ovest e si verificano verso l’equatore delle aurore. Questi sono chiamati flussi ionici subaurorali, o SAID, e sebbene siano evidenti e interessanti nei dati satellitari, sono invisibili a coloro che guardano dal suolo.
Ogni tanto però, un tipo particolarmente veloce di SAID fluisce così intensamente da diventare visibile, accogliendo gli osservatori del cielo con uno spettacolo viola e malva glamour. Queste luci scintillanti sono chiamate appunto STEVE.
Gli STEVE sono dunque costituiti da due componenti distinte: un arco color malva o biancastro esteso nella direzione magnetica est-ovest e una regione di emissione verde adiacente all’arco. Quella recinzione sembra abbastanza simile alle scintillanti tende verdi viste nell’aurora boreale, ma hanno una differenza a livello chimico.
È importante precisare che le aurore si formano quando gli elettroni della bolla magnetica, o magnetosfera, che circonda la Terra, precipitano nell’atmosfera. Questi elettroni fanno sì che l’azoto nell’aria si illumini di blu e l’ossigeno diventi verde. Sebbene la staccionata verde di STEVE contenga anche ossigeno luminoso, la scarsità di emissioni di azoto suggerisce che la recinzione non è lo stesso tipo di spettacolo di luci di un’aurora.
A latitudini ancora più basse, come nel Sud Italia, abbiamo avuto l’opportunità di assistere al fenomeno noto come SAR (stable auroral red arc), ovvero l’arco aurorale rosso stabile. In questo caso, la colorazione è prevalentemente rossa e viene spesso considerata come la fase iniziale di un’aurora. Tuttavia, a differenza di quanto già affermato, l’aurora boreale è generata dagli elettroni provenienti dal vento solare, che vengono accelerati e spinti verso il campo magnetico terrestre, entrando in collisione ad altissima velocità con gas e particelle nelle regioni esterne della nostra atmosfera.
I SAR, invece, sono il risultato di dinamiche innescate all’interno della fascia di Van Allen, con enormi spostamenti di energia termica nella Termosfera che trasportano milioni di ampere intorno al nostro pianeta, generando delle grandi “ciambelle” di colore rosso. Queste ciambelle possono percorrere grandi distanze in pochi minuti, il che spiega perché il SAR, quando è visibile, ha una durata di circa 5 minuti.
Riferimenti Scientifici
È importante sottolineare che la stesura di questo report di analisi dell’evento si basa su dati, testi e studi scientifici già esistenti, forniti da studiosi della materia. Questa approfondita ricerca ha permesso di acquisire una maggiore conoscenza sui particolari fenomeni celesti descritti, garantendo un’analisi accurata e affidabile.
Autori:
- Andrea Pardini
- Franco Menenti
Collaborazione, per recupero immagini, informazioni e testimonianze:
- Veronica Lazzerini
Fonti di riferimento:
- NOAA
- NASA
- Meteologix.com
- Science.org, New science in plain sight: Citizen scientists lead to the discovery of optical structure in the upper atmosphere – https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.aaq0030
- AGU
- Magnetospheric Signatures of STEVE: Implications for the Magnetospheric Energy Source and Interhemispheric Conjugacy – https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1029/2019GL082460
- The Mysterious Green Streaks Below STEVE – https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1029/2020AV000183
- Stable auroral red arcs – https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1029/RG011i004p00935