Il sacerdote e direttore Caritas partecipa alla mobilitazione contro il Decreto Sicurezza: “Serve alzare la voce per chi non può farlo”.

Don Armando Zappolini, parroco di Ponsacco, Gello, Treggiaia e Val di Cava e già presidente nazionale del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), raggiunto da VTrend.it, lancia un appello chiaro e preoccupato contro i contenuti del nuovo Decreto Sicurezza, che – a suo dire – rischia di comprimere spazi fondamentali di libertà e cittadinanza.
“Quello che arriva oggi è un appello nazionale, promosso attraverso Don Luigi Ciotti e la rete del CNCA – spiega Zappolini – per difendere il diritto al dissenso pacifico, che sta venendo messo in discussione. Questo decreto limita lo spazio civico e rischia di trasformare atti simbolici e non violenti in reati penali”.
Il sacerdote cita a VTrend.it, episodi concreti che fanno riflettere: “Pensiamo a un detenuto che protesta con uno sciopero della fame: con le nuove norme potrebbe rischiare un’accusa penale. E poi ci sono casi assurdi, come quello della fornaia nelle Marche che ha messo fuori un cartello con scritto ’25 Aprile, buono come il pane antifascista’. È intervenuta la polizia, mentre gruppi di neofascisti possono sfilare indisturbati con il braccio alzato. Due pesi, due misure”.
Oltre al merito del decreto, Don Zappolini denuncia il clima sociale che si va diffondendo: “Chi è povero, chi lotta per un diritto, rischia di essere criminalizzato. È una povertà aggredita, non solo trascurata. E se togliamo anche la possibilità di farsi ascoltare a chi già non ha voce, allora stiamo davvero allontanandoci dai principi della democrazia”.
Proprio per questo, anche lui ha deciso di aderire alla catena del digiuno promossa in tutta Italia: “Oggi digiuno in segno di solidarietà e protesta. Come Caritas, siamo ogni giorno al fianco di persone che dovrebbero avere diritti, e invece devono elemosinarli come fossero beneficenza. Dobbiamo alzare la voce per loro, perché spesso nessuno li ascolta”.
L’iniziativa, sostenuta da numerose associazioni nazionali, culminerà a fine marzo in un momento pubblico di riflessione e mobilitazione. “È un dovere civile – conclude – difendere la possibilità di pensarla diversamente, senza violenza e nel rispetto degli altri. Togliere voce al dissenso pacifico non è un buon segnale per nessuno”.