Parla il figlio dell’insegnante morta a seguito di un intervento di isterectomia programmato al Santa Chiara di Pisa.
Laura Zingaretti, 55 anni, aveva lavorato come insegnante della scuola d’infanzia a Marina di Pisa e per anni anche a Pontedera. Era stata sottoposta all’ospedale Santa Chiara di Pisa ad una isterectomia. Dopo giorni in cui lamentava dolori lancinanti all’addome, difficoltà respiratorie e nausea, è morta il 23 febbraio. A raccontarlo è il figlio dell’insegnante.
La famiglia ha presentato denuncia e il figlio lanciò sui social un accorato appello il 26 febbraio: “Supplico chiunque abbia sentito o visto qualcosa, ed in particolare il personale sanitario dei reparti in cui ha passato l’ultimo mese della sua vita, di parlare e denunciare affinché mamma Laura abbia giustizia e cose simili non accadano mai più a nessun altro”.
Ieri il figlio ha lasciato sul suo profilo Facebook un nuovo messaggio, in cui ringrazia tutti coloro che hanno condiviso il suo appello. Ancora in questo post, il figlio dell’insegnante risponde ad alcune domande che gli sono arrivate dopo la pubblicazione dell’appello.
Francesco racconta:
“La domanda più frequente è stata: ‘Tua madre non te la darà più nessuno, quindi che denunci a fare?’ Prima di tutto, abbiamo denunciato affinché ci venga detto chiaramente come mai la mia mamma è deceduta a causa di un intervento di isterectomia programmato. Chiunque denunci deve essere consapevole del fatto che il proprio gesto possa salvare la vita di una mamma, moglie, figlia o sorella. Per i suddetti motivi porterò avanti questa denuncia pur sapendo che ciò non servirà a portare in vita la mia mamma.
Altri mi hanno detto: ‘In un intervento chirurgico c’è sempre un rischio’. L’intervento programmato a cui è stata sottoposta la mia mamma ha un rischio di mortalità dello 0.2%, ma di fatto sicuramente inferiore considerando che lei aveva solamente 55 anni e non soffriva di alcuna patologia pregressa. Tale rischio è paragonabile a quello degli incidenti mortali rispetto al numero di incidenti in auto. Tuttavia, mentre questi tragici eventi sono imprevedibili, l’intervento di isterectomia a cui è stata sottoposta la mia mamma era programmato ed è stato preceduto dai canonici esami di pre-ospedalizzazione che non avevano rilevato alcuna criticità. Sin dal giorno seguente all’operazione lei ha lamentato dolori lancinanti, nausea e difficoltà respiratorie. Dopo 135 ore, durante le quali era affidata alle competenze degli operatori sanitari dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia 2 dell’Ospedale Santa Chiara, la mia mamma è stata sottoposta ad un intervento di massima urgenza, in piena notte, poiché la perforazione dell’intestino in atto da 135 ore aveva determinato una gravissima situazione di shock settico, il cui rischio di mortalità risulta essere oltre 150 volte superiore rispetto al primo intervento a cui aveva dato il suo consenso”.
Il figlio dell’insegnante continua il suo racconto con queste parole:
“In molti mi hanno chiesto se qualcuno all’interno dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia 2 dell’Ospedale Santa Chiara mi avesse contattato dopo il mio appello di sabato pomeriggio. Con grande delusione rispondo che nessuno mi ha contattato o cercato. Ho solo ricevuto una mail di cordoglio da un medico del reparto. Mail che non è arrivata mercoledì quando è deceduta la mia mamma. Mail che non è arrivata giovedì. Mail che non è arrivata venerdì. Mail che non è arrivata sabato. Casualmente e per pura coincidenza, la mail è arrivata domenica, poche ore dopo il mio appello, nel giorno stesso in cui è avvenuta la pubblicazione della triste vicenda sui giornali locali. Forse gli operatori sanitari del reparto avevano dimenticato una donna, mamma e moglie, che aveva manifestato dolori e nausea per ben 135 ore successive all’intervento e che a causa di un provocato shock settico era stata trasferita in un reparto di terapia intensiva dopo aver congedato me e mio padre con una spiegazione estremamente vaga sull’accaduto e con un terribile e inaspettato: ‘Preparatevi al peggio’. Purtroppo, in risposta al mio appello, oltre alla suddetta mail ho ricevuto anche commenti pubblici diffamatori rivolti alla mia persona da parte di dipendenti dell’Azienda Ospedaliera afferenti ad altri reparti”.
“A chi parla di reazione scatenata dalla ‘rabbia’, vorrei far notare che nei miei unici due post pubblici, quello del 26 febbraio e quello di oggi, ho riportato solamente i fatti oggettivi realmente accaduti e non sono presenti giudizi, accuse, nomi e cognomi di medici e chirurghi coinvolti in questa assurda disgrazia. Inoltre, ho rifiutato tutte le richieste di interviste da parte di giornali e programmi televisivi. Chiedo solo di poter sapere la verità su quello che è successo in quelle maledette 135 ore, durante le quali le norme anticontagio, vigenti all’interno dell’U.O. Ostetricia e Ginecologia 2 dell’Ospedale Santa Chiara e a cui ci siamo attenuti rigorosamente, non ci consentivano neanche di valicare la soglia dell’edificio”, sottolinea Francesco.
“Infine, ringrazio il personale dell’U.O. di Anestesia e Rianimazione Cardio-Toraco-Vascolare dell’Ospedale Cisanello per l’atteggiamento tenuto nei miei confronti e per avermi consentito, nel rispetto delle regole di accesso al reparto, di poter far visita alla mia mamma, così da poterle essere stato accanto, da farle sentire l’audio dei suoi ‘chicchi’ che non vedevano l’ora di abbracciare la maestra Laura e di sussurrarle quanto l’amassi”, conclude Francesco.
Fonte: Francesco Nepa Facebook