BUTI. L’istituto comprensivo di Bientina e Buti ha deliberato una riduzione del tempo scuola per tutte le primarie dei due comuni, eliminando il tempo pieno a partire da oggi, lunedì 22 marzo, e fino al 10 aprile.
La decisione è arrivata con la motivazione che la mensa scolastica possa contribuire all’aumento dei contagi. Ovviamente, non dello stesso avviso, sono stati i genitori che hanno sin da subito avviato una raccolta firme per dire NO a questa scelta, a loro dire, del tutto immotivata. “Al momento all’interno delle scuole non ci sono difficoltà legate alle quarantene” – hanno fatto sapere. Le famiglie protestano, in quanto i bambini si ritrovano così privati di ulteriori momenti di socializzazione, oltre che di istruzione. Tante le famiglie in difficoltà anche a causa del lavoro; la scuola non garantisce il tempo pieno e i genitori non sanno dove lasciare i bambini. Nel comune di Buti, in particolar modo, non è presente alcun tipo di servizio alternativo, dunque le famiglie si ritrovano improvvisamente senza possibilità. “Non possiamo nemmeno usufruire di congedi covid o bonus babysitter, in quanto il comune non si trova in zona rossa o in situazione di quarantena” – è stato riferito dagli interessati.
Ecco dunque che è stata subito avviata una raccolta firme per chiedere alla dirigente scolastica un ripensamento in merito alle decisioni assunte dal Consiglio di Istituto. Al momento sono un centinaio le firme già raccolte e questa di seguito è la lettera, che già sopra vi abbiamo brevemente riassunto, scritta dai 100 genitori, firmatari Buti, direttamente all’indirizzo della dirigente: “Gentile Dott.ssa siamo un gruppo di genitori che con la presente vuole esprimere il forte disappunto causato dalla decisione del Consiglio di Istituto del passato 18 marzo. Ha molto stupito la motivazione: il DPCM citato dice che “non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza” e che “sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a 2 mt, laddove possibile”. Non esiste alcun obbligo, quindi come famiglie ci si chiede perché non è stata cercata un’alternativa che evitasse la riduzione di orario. I nostri figli sono stremati da questo anno di pandemia, e la scuola è ciò che dà ritmo alle loro giornate, l’unico punto di contatto con l’esterno, l’unico tempo di socializzazione. Il CDI ha deciso di ridurre questo tempo con quello che sembra essere un pretesto. I genitori inoltre vedono compromessa la necessità di conciliare vita familiare e professionale. In alcuni casi si vede minacciata anche la stabilità economica, poiché la riduzione di orario non consente ai genitori lavoratori di accedere ai bonus previsti. Confidiamo che la scelta del CDI possa essere rivalutata adottando soluzioni alternative e attendiamo una sua cortese risposta con indicazione delle misure che ad aprile, maggio e giugno saranno adottate per garantire ai nostri figli la frequenza con l’orario “normale”, ossia quello ministerialmente previsto per i singoli plessi dell’Istituto.”
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