Intervista a Claudio Bellagotti, Capo scout del gruppo degli scout di Ponsacco.
Quale mansione hai negli scout e da quanto tempo fai parte del gruppo?
“Sono Caposcout storico del gruppo di Ponsacco insieme a Luca Fornaini, di questi 60 anni noi ne abbiamo percorsi dal 1977 a oggi in maniera continua. Insieme abbiamo costruito pagine lunghe e interessanti degli scout e ovviamente non siamo da soli. Sebbene io e Luca sono stati le colonne più interessanti, ma negli anni tante belle persone si sono affiancate, ci hanno aiutato, supportato e rimaste accanto per tanto tempo”.
Come avete festeggiato questi 60 anni?
“Il clou è stato il campo di gruppo, ossia il campo estivo che normalmente viene fatto in autonomia, che questa volta l’abbiamo fatto insieme. Lupetti, Reparto e Clan – le tre branche dello scoutismo, spiega Claudio Bellagotti – sono riusciti a convergere al posto di Prataccio, dove Lupetti e Reparto avevano già passato insieme tutta la settimana, poi sono stati raggiunti al termine dal Clan. Poi abbiamo fatto sabato una seconda appendice con la messa a Camugliano, invitando tutti i genitori e abbiamo fatto una messa di ringraziamento. Le attività sono parecchio impegnative, quest’anno però abbiamo comunque preferito il ramo educativo rispetto alla festa, che comunque anch’essa ha una finalità educativa: stare insieme è di per sé educativo”.
Dal 1977 a oggi avrai visto tanto, qualcosa che ti è ha colpito nel profondo?
“Rivedere persone che hai avuto nel gruppo tanti anni fa e hanno il piacere di ritornare, magari con i figli, e ripercorrere le tracce di quando erano ragazzi è sicuramente la cosa più bella. Te li hai visti quando avevano 10 anni e li rivedi dopo 20 anni che hanno i figli che si vogliono iscrivere agli scout”.
Quanto sono cambiati gli scout in questi 60 anni?
“È cambiata la società tutta intorno – afferma il caposcout – c’è un animale chiamato Internet che fa sembrare tutto a portata di mano, poi torniamo nel bosco e vediamo che l’avventura è sempre vincente. Torniamo agli insegnamenti di Baden-Powell: stare a contatto con la natura, fare le cose con le proprie mani, vivere la fede fuori dagli schemi della chiesa e all’interno di una rete viva, fatta di deserto e contatto coi sacerdoti. Tutto intorno è cambiato e noi non possiamo essere esenti, gli educatori sono formati in relazione a una società che è molto complessa, ma l’anima e il rapporto coi genitori sono rimasto gli stessi”.
Le nuove generazioni sono molto a contatto con internet, è più difficile stimolare i bambini all’avventura?
“I telefoni creano dipendenza, quindi è difficile staccarci i giovani, ma una volta stimolati loro ci stanno veramente bene senza internet. Basti pensare – spiega Bellagotti – che dopo il Covid abbiamo fatto il secondo branco. Il problema è avere capi scout che si prendono cura, perché le richieste di bimbi sono sempre di più, magari anche da paesi circostanti. Noi stiamo accogliendo giovani dai paesi vicini: è complicato perché gli impegni sono tanti ma ci proviamo”.
Quali sono i vostri progetti futuri?
“Ci sono sempre nuove sfide: sta ai capi cogliere queste nuove sfide e saperle convogliare nei modi giusti sui bimbi. Leggiamo i giornali e vediamo i pericoli e le opportunità che ci sono per i ragazzi. L’idea – conclude Claudio Bellagotti – è di cogliere i segni dei tempi, il quale però è un percorso continuo e noi non ci fermiamo mai”.