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Da Peccioli il ricordo di ‘Tony May’, ambasciatore della cucina italiana a New York

18:59

Da Peccioli il ricordo dell’ambasciatore della cucina italiana a New York scomparso a 84 anni nelle parole della nipote Carmela Magliulo, titolare, con Cristina Napoli, del ristorante Audha nel cuore del borgo.

PECCIOLI – È considerato uno dei pionieri della gastronomia italiana contemporanea a New York.

Nel suo ristorante San Domenico, a Central Park South, ha visto tra i clienti star da Michael Douglas a Catherine Zeta Jones, da Stallone a Sophia Loren fino a Sharon Stone ed Harrison Ford.

Un vero e proprio ambasciatore della cucina italiana negli Stati Uniti, patron di sei ristoranti italo-americani che hanno fatto la storia culinaria della Grande Mela, mete del jet-set internazionale.

Al secolo Antonio Magliulo, nato a Torre del Greco in provincia di Napoli, dei suoi 84 anni di vita e carriera di ristoratore di successo è stato raccontato tutto sui media nazionali e internazionali dopo la sua morte, avvenuta a inizio aprile.

Tony May

Un filo teso tra New York a Peccioli, a molti sconosciuto, ci permette di raccontare una storia diversa. Che rende Tony May semplicemente zio Tony. Per Carmela Magliulo, ristoratrice e co-titolare, insieme alla socia Cristina Napoli, del ristorante Audha nel cuore del borgo pecciolese, Tony May era per Carmela molto più dello zio d’America che aveva fatto fortuna.

Era una fonte di ispirazione, un esempio da seguire e una fonte di consigli che hanno permesso al ristorante, che si affaccia dal 2014 su via Matteotti, di affermarsi e di conquistare l’apprezzamento di molti clienti in questi anni.

Carmela Magliulo titolare del ristorante Audha di Peccioli

«La mia famiglia è sempre stata profondamente legata al mondo della ristorazione. Un mondo che mi è sempre appartenuto, anche se per me avevo pensato a un percorso professionale diverso. Mi sono laureata in economia e ammiravo mio zio Tony per la sua capacità imprenditoriale. Vedevo come si muoveva, era instancabile. Voleva migliorarsi sempre, era molto esigente ma una persona per bene. Sapeva farsi amare anche sul lavoro, anche se era molto riservato».

Carmela per un periodo è convinta di andare negli Stati Uniti e di mettere a frutto la sua laurea, anche se non lavorando nell’attività dello zio Antonio Magliulo. Poi, da Torre del Greco dove è nata e cresciuta, decide di seguire una strada diversa.

Immergendosi in una realtà completamente opposta a quella della Grande Mela. Arriva a Peccioli quasi per caso e nel 2014, con la socia Cristina, decide di aprire una piccola realtà nella quale riportare i sapori di Napoli in un’attività a gestione familiare. Nasce così il ristorante Audha.

«Tutto è nato come un gioco, avevamo un’amica che aveva aperto un fashion store a Torre Annunziata con lo stesso nome – raccontano Carmela e Cristina -. Una donna imprenditrice che per noi era fonte di ispirazione. Poi ci piaceva il significato della parola audha, si lega alla figura di un uomo coraggioso e valoroso».

Esattamente come Tony May. Capace di affermarsi come grande imprenditore ma di farsi apprezzare non solo per la sua cucina, ma anche per le sue doti umane.

«Le volte che tornava in Italia faceva, ovviamente, sempre ritorno a casa. E andava a trovare la mamma. E poi chiedeva di mangiare la parmigiana, gli spaghetti alle vongole coi pomodorini freschi, la frittura di pesce, la pasta con le patate – racconta la nipote “pecciolese” Carmela -. Si sentiva a casa con la cucina, spesso cucinava lui. In Toscana? Per alcuni eventi è stato spesso a Firenze, il mio rammarico è che non sia riuscito mai a passare da Peccioli.

E con la pandemia negli ultimi anni tutto era più complesso. Però era felice della mia scelta. Un po’ perché lui ha sempre ceduto nei giovani, ha aperto scuole di cucina proprio per coltivare i futuri chef.

Mi ha sempre detto di resistere nei periodi più difficili e ora, nonostante le difficoltà di avere un’attività di questo tipo in un borgo così piccolo, sento di aver messo radici importanti.

Ho comprato casa qua a Peccioli, conto di restarci ancora a lungo. E, per il futuro, continuerò a mettere a frutto, anche nei piatti grazie all’esperienza di Cristina, i consigli di mio zio. Semplicemente zio Tony».

La scheda

Tony May è stato il titolare del mitico ristorante “San Domenico”, un tempio di classe e raffinatezza. Portabandiera della migliore tradizione gastronomica del Belpaese (“sta provocando una rivoluzione: gli italiani scavalcano i francesi nel mondo della haute cuisine”, scrisse di lui “The Economist”), il “San Domenico” al numero 240 di Central Park South, tra la Settima Avenue e la Broadway Avenue, a pochi passi dalla Time Warner e dal Lincoln Center, ha visto tra i suoi clienti celebrità del calibro di Michael Douglas, Catherine Zeta Jones, Sylvester Stallone, Sophia Loren, Sharon Stone, Harrison Ford, Demi Moore, Tom Hanks, Ron Howard, Luciano Pavarotti, ma anche finanzieri, industriali, artisti e politici.

Tony May e Luciano Pavarotti

Nato il 6 dicembre 1937, primo di otto figli di Ciro, un capitano di marina, Antonio Magliulo lascia giovanissimo la provincia di Napoli per sbarcare in America in cerca di fortuna. E nel giro di poco più di un decennio di gavetta da anonimo emigrante divenne il re della tavola.

A Manhattan fu assunto come cameriere al “Rainbow Room”, uno dei ristoranti del Rockefeller Center: nel 1964 divenne maitre di sala e nel 1968 direttore del locale. Passarono dieci anni e ne rilevò la proprietà, trasformando le sale al 65° piano del grattacielo in un ristorante abbinato a un night club che ospitò i maggiori jazzisti.

Mentre era ancora al “Rainbow Room”, nel 1979 fondò il Gruppo Ristoratori Italiani alla Camera di Commercio Italo-Americana. Nel 1986 aprì un secondo locale, il “Palio”, e due anni dopo il “San Domenico”, considerato la bandiera del Tony May Group, il ristorante di punta, collezionando elogi per un ventennio.

Nel 1997 Tony May inaugurò nelle Twin Towers altri due ristoranti: il “Gemelli” e il “Pasta Break” per la clientela del distretto finanziario di Manhattan. L’11 settembre 2001, sia “Gemelli” che “Pasta Break” furono distrutti nell’attacco terroristico al World Trade Center. Tony May e la figlia Marisa si prodigarono instancabilmente per aiutare a nutrire i soccorritori e per aiutare i suoi dipendenti sfollati. Un nuovo “Pasta Break” aprì un anno dopo nel complesso E-Walk a Times Square.

Oltre ai suoi cinque ristoranti, ha fondato anche due scuole di cucina. Per la sua opera in favore della cucina italiana all’estero, il presidente Oscar Luigi Scalfaro concesse a Tony May il titolo di commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana.
Nel 2008 il “San Domenico” ha chiuso i battenti a Central Park South e l’anno dopo Tony May, con sua figlia Marisa ha aperto “SD26 Restaurant & Wine Bar”, un ristorante su tre livelli a Madison Square Park North che presenta la cucina italiana contemporanea.

Premiato molte volte da istituzioni sia americane che italiane per il suo talento ed il suo impegno nell’imprenditoria culinaria (nel 1985 aveva ricevuto il Caterina de’ Medici International Award), Tony May è autore di un libro di successo dal titolo “Italian Cuisine: Basic Cooking Techniques”, usato anche come manuale nelle scuole di cucina. La breve malattia che lo ha colpito, ha colto Tony May mentre stava per aprire un nuovo ristorante al centro di Manhattan.

Nei suoi ristoranti lavorano spesso cuochi che provenivano dall’Italian Culinary Institute for Foreigners di Castiglione d’Asti, ubicato all’interno di un castello medioevale piemontese, fondato dallo stesso Tony May nel 1991.

Nel 2006 ha infine creato l’Italian Culinary Foundation, con l’obiettivo di coordinare programmi con le scuole di cucina di tutto il mondo, portando chef e prodotti dall’Italia negli Usa e in altri paesi stranieri, fornendo a studenti e docenti esperienze di apprendimento pratico che sottolineano l’origine, la storia, le tecniche e i prodotti che compongono l’autentica cucina italiana.

Tra gli obiettivi anche programmi di borse di studio che diano a studenti e docenti l’opportunità di studiare la cucina, il vino e la cultura della tavola italiana.

Fonte: Comune di Peccioli. 

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