In Toscana, se parliamo con qualche anziano potremmo sentirgli dire “Ceppo” e “Ceppino”, riferendosi ai giorni di Natale e S. Stefano. Sapete da cosa deriva?
Forse non tutti si ricordano o conoscono la tradizione del Ceppo di Natale, una tradizione antichissima della nostra Regione carica di figure, simboli e di funzioni. Tradizione quasi persa vista la rarità di trovare il camino nelle case odierne. Il ceppo porta con sé l’origine della figura di Babbo Natale, ma più propriamente dell’albero di Natale.
Ma cosa si intende per ceppo? È quella parte dell’albero che sta a fior di terra e sotto di questa, dove si annodano le radici e da dove parte il fusto della pianta. Stava a simboleggiare l’unità, la forza e la famiglia, ma a volte era un semplice pezzo di tronco.
In passato, soprattutto nelle campagne, il capofamiglia durante l’anno teneva d’occhio la grandezza e la natura dei ceppi che venivano estratti dai campi e dai boschi e sceglieva quello più adatto per metterlo nel camino la sera della vigilia di Natale e bruciarlo di fronte alla famiglia tutta riunita. In certi luoghi il ceppo doveva durare per la vigilia, per Natale e anche per tutto Santo Stefano.
Nel corso del tempo il ceppo cominciò a ospitare i regali per i bimbi prima di essere acceso, e spesso i bimbi venivano bendati per recitare una preghiera, “L’Ave Maria del Ceppo”, che dice:
“Ave Maria del Ceppo,
Angelo benedetto!
L’Angelo mi rispose
Ceppo mio bello, portami tante cose!“.
Fu da allora che il ceppo iniziò ad assumere una forma piramidale, una struttura fatta di assi, anche con più piani in modo da avere spazio per posizionare i doni. Poteva essere frutta o canditi nelle famiglie meno facoltose fino a più o meno giocattoli rudimentali.
Proprio in questi giorni, gli Uffizi raccontano la tradizione del Ceppo di Natale tramite una mostra online consultabile gratuitamente qui