A distanza di sei mesi dall’inchiesta ‘Keu’, quella che ha sconvolto il mondo conciario di Santa Croce sull’Arno, si intravede un barlume di speranza.
Il 15 aprile 2021, il mondo conciario toscano di Santa Croce sull’Arno è stato travolto da una inchiesta che ha portato ad un’operazione ordinata dei carabinieri in materia di infiltrazioni della ‘ndrangheta, inquinamento ambientale, narcotraffico internazionale, estorsione ed illecita concorrenza. L’inchiesta si chiama ‘Keu’, nome dell’inerte derivante dal trattamento dei fanghi degli scarti della concia delle pelli.
Un “terremoto” che ha sconvolto un territorio di appena 10 km quadrati, minando quelle certezze e quel senso di identità che creano una Comunità.
Nel distretto conciario di Santa Croce, l’attività conciaria ha una presenza molto antica, che assume caratteristiche di distretto industriale a partire dal 1800. Con le sue 240 Concerie, oltre a dare lavoro a più di 12.000 persone, fornisce il 28% della produzione totale italiana con prodotti di fascia alta orientati verso le calzature e la pelletteria di lusso.
Nonostante l’inchiesta Keu abbia prodotto una profonda ferita nel territorio, le Aziende Conciarie lavorano caparbiamente a progetti innovativi: una produzione ecosostenibile e non dannosa per le persone. Lo fanno da dieci anni.
Alcune Aziende hanno unito le proprie conoscenze in materia, si sono consorziate ed i loro prodotti sono certificati tramite il marchio di eccellenza. Altre Aziende camminano da sole, ma condividendo i principi e le conoscenze in materia di green economy, nel rispetto delle norme e con responsabilità sociale.
Producono capi conciati con materie prime naturali, i tannini, che garantiscono uno smaltimento facile e sostenibile. La maggior parte delle sostanze utilizzate durante la lavorazione naturale delle pelli, viene recuperata, trattata e riutilizzata in altri settori, garantendo l’assenza completa di sostanze tossiche. Le sostanze per colorare queste pelli sono estratti naturali di Quelbracho, Mimosa e Castagno.
Nessun animale viene macellato per utilizzarne la pelle, piuttosto, è il contrario: le pelli grezze provengono da bovini destinati al settore alimentare. E’ allo studio anche un metodo di recupero delle acque da utilizzare nuovamente nelle lavorazioni.
La pelle trattata con materie ed ingredienti naturali richiede tempo: 60 giorni, ma il tempo e la lentezza mal si addicono alle richieste del mercato della moda che fa del tempo la sua componente principale. Si origina, quindi, un effetto domino che si ritorce su tutti noi. I cambiamenti frenetici ed oscillatori delle tendenze di moda producono una forte pressione sulle aziende del settore abbigliamento le quali, a loro volta, mettono sotto pressione le produzioni per avere gli articoli nel minor tempo possibile.
Una corsa contro il tempo che arriva ad impiegare solo quattro settimane fra lavorazione e produzione. Ma la moda ed i consumatori potrebbero godere, nel prossimo futuro, di un “vantaggio del ritardo”, affrontando il tema della sostenibilità ambientale con maggiore maturità.
Quello che non possiamo più permetterci è di ignorare il valore e l’importanza della sostenibilità. Abbiamo produttori capaci, materie prime naturali e sapienti metodi di lavorazione. Facciamo pace con il Tempo. S.A.