“E’ un lutto per l’intera città”. Ha ragione Riccardo Minuti che scrive in un post su Facebook una storia infinita, arricchita da particolari momenti di vita e aneddoti, che fanno parte della cultura pontederese.
Famiglia stimata ed apprezzata da decenni, la famiglia Baldini ha segnato e segna un tratto importante e significative delle attività cittadine legate ai locali pubblici, nello specifico i bar.
I commenti sul social si sprecano, uno in particolare lo segnaliamo in quanto certifica la grandezza di Riccardo: “un altro pilastro della nostra Pontedera , della nostra fuori del ponte ci ha lasciato , c’è chi lo chiama il Baldini sotto le logge, c’è chi lo conosce come da Amerigo Baldini. Una cara persona, brava, perbene, genuina, sempre con il suo viso luminoso e pronto alla battuta, alla chiacchiera ed alla risata”
Presso la Cappelline della Misericordia è esposta la salma di Amerigo Baldini 87 anni. Il funerale si terrà martedì 1 Giugno nella chiesa di San Giuseppe alle ore 10.
Riccardo Minuti lo racconta così: “Ci ha lasciato una grande persona, davvero gentile, stimabile, laboriosa e dabbene, Amerigo Baldini. Pilastro di una famiglia che è stata e resta tutt’oggi protagonista della storia di Pontedera… Nell’esprimere la mia vicinanza e le mie sentite condoglianze a Sonia e all’intera famiglia, mi sembra bello ricordarli Diva e Amerigo con un mio racconto di pochi anni fa…
…… in quei primi anni Sessanta segnati dal dilagare dei bar, nascevano infatti anche le imprese di ristorazione dei fratelli Baldini. Il bar di Amerigo Baldini spuntò sotto la loggia di viale Italia dalla parte dei numeri civici pari, con successivo trasloco all’ombra della loggia di fronte contrassegnata dai numeri dispari, dove si trova tutt’oggi. Seppure in un ambiente ristretto, con il vantaggio di poter sfruttare il loggiato, il bar prese subito quota. Esso era il primo bar per alcuni… e il secondo per tutti. Infatti anche chiunque avesse altri bar di riferimento e di ritrovo, da Amerigo, spesso si fermava comunque.
Per la posizione centrale del bar nel quartiere crescente, per il mestiere, la pazienza e la gentilezza squisita di Amerigo e di Diva, anche perché, nonostante gli spazi non consentissero grandi attività di richiamo, al bar si ritrovavano i più singolari personaggi di Fòr der Ponte com’era. Chi non ricorda i fratelli Accettoni: Giuglino, Emilio e Primino? E chi non rammenta Angiolone, Memme, Remo, Ricotta, Giannino, il Mami, il Pirata, Cimitero… e Toppino che appariva sovente… Era il festival di una varia umanità, allegra, spensierata e giuliva, che anche un solo bicchiere di vino rendeva felice. Dilagavano in serie battute, ironie e un reciproco continuo dileggio. Eppure tutto avveniva senza mai debordare in offese triviali. Con una spontanea attitudine anzi, nel sapere svillaneggiarsi con stile e con garbo. Un esempio di qualche impertinenza e sfottò?
Primino: “Sei un cervello baato!”
– Toppino: “O beiii! Nasellooooo!” – e se scorgeva una guardia nei paraggi (ma anche se no), urlava improvviso: “Arrestatili tutti!” – Ancora Primino: “O cosa c’hai ner capo, e pioppini?” – Giuglino: “Sì e te c’hai le pineggiole!” “Stai attento ’un’è ’r bé che fa male… è il ri bé!” “Te l’ha detto anche ’r dottore: vacci piano. Ma te ’un la voi capi’, sei più duro der pan’ di saìna!”
“Senti chi parla… ciuccianespole… Te sì che sei duro… Duro come le pine verdi…”.
Poi passava Cimitero che con la sua vocina stridula gridava: “Alè granataaa!!!”
Quando appariva Celestino, di solito veniva ben governato a suon di gotti e quindi sospinto alla sua solita performance. Braccia larghe e occhi socchiusi, dava fiato al suo canto struggente: “Usignoolooo, ma come (sospirone) eh sa di pianto ela tua voceeee… mi dice il cuore che (sospirone) eh non trovi pace…”
Poi tutto a un tratto il pathos esauriva… si spegneva il gorgheggio… e Toppino inveiva minaccioso sventolando il montante verso qualcuno più accanto: “Ti spacco ’r capo!”
Perciò chi si trovava vicino faceva bene a starsene in guardia. Era un teatrino. E Amerigo, persona d’indole mite, tranquilla e tollerante, talvolta non poteva esimersi però dal richiamare l’allegra compagnia quando debordava oltre le righe. A dire il vero in qualche occasione Amerigo s’arrabbiava davvero, e ne aveva ben donde. Per noi ragazzini del viale Italia quello era il “Festival”. Fu Carlo Lazzereschi (Cacciavite) per primo a battezzarlo così. E chiunque scorgeva quel coacervo di sagome allegre e gioconde sotto le logge al bar di Amerigo, subito s’incaricava di suonare il din don chiamando a raccolta gli amici……”
Per la grave perdita le più sentite condoglianze alla famiglia da VTrend.it