L’assenza del Presidente del Consiglio Meloni e la gestione del lutto nazionale, il PD Terricciola solleva dubbi sulla valorizzazione della memoria storica della Resistenza.
Il 25 Aprile rappresenta una data fondativa della Repubblica italiana, simbolo della lotta partigiana contro il nazifascismo e della riconquista della libertà e della democrazia. Eppure, le scelte del governo attuale in questa ricorrenza rivelano una serie di contraddizioni che appaiono non solo imbarazzanti, ma profondamente sintomatiche di una visione politica distorta della memoria storica e del valore istituzionale della Resistenza.

- L’assenza del Presidente del Consiglio: una priorità sbagliata. La decisione di Giorgia Meloni di recarsi in Azerbaigian proprio il 25 Aprile, giustificata come un viaggio “calendarizzato da tempo”, è gravissima non *nonostante* la sua predeterminazione, ma *proprio per essa*. Se fosse stato un impegno improvviso, si sarebbe potuto invocare una necessità diplomatica impellente; ma il fatto che la sua assenza è stata pianificata dimostra una volontà precisa di non considerare il 25 Aprile una priorità. Questa scelta assume un significato ancora più emblematico se si considera che Meloni, proveniente da una tradizione politica che ha avuto rapporti ambigui con la memoria antifascista, avrebbe potuto usare questa occasione per un gesto di riconciliazione istituzionale. Invece, ha preferito delegittimare implicitamente la Festa della Liberazione, trattandola come una ricorrenza negoziabile, subordinata a interessi economici o diplomatici.
- La doppia morale sul lutto nazionale: il caso Musumeci
Ancora più stridente è la contraddizione tra questa assenza e le recenti esortazioni del ministro Musumeci alla “sobrietà” nel rispetto del lutto nazionale di cinque giorni per la morte di Papa Francesco – un lutto senza precedenti nella storia repubblicana. Se da un lato il governo impone un rigido protocollo di rispetto per una figura religiosa (per quanto rilevante e, oggettivamente, riferimento morale per credenti e non), dall’altro sminuisce una data che rappresenta il sacrificio di migliaia di partigiani e civili per la libertà di tutti, compresa quella di chi oggi li disprezza. Questa disparità di trattamento dimostra una gerarchia della memoria inaccettabile: da una parte, un’aderenza formale e apparentemente troppo servile al lutto religioso; dall’altra, un disimpegno eclatante verso una ricorrenza che ha permesso all’Italia di risorgere dalla dittatura. È come se il governo riconoscesse il dolore solo quando è funzionale a una certa narrazione identitaria, mentre relega la Resistenza a un passato scomodo, da celebrare con distacco o, peggio, da dimenticare.
- Reciprocità e rispetto: le relazioni internazionali non possono cancellare la storia
Un ulteriore aspetto problematico è l’assenza di reciprocità nei rapporti istituzionali. Se l’Italia rispetta con deferenza le ricorrenze e i lutti di altri Paesi (si pensi alle commemorazioni per leader stranieri o alle visite di Stato in occasione di festività altrui), perché non può pretendere lo stesso riguardo per le proprie date fondative? Il 25 Aprile non è una semplice festa nazionale: è il giorno in cui si celebra la sconfitta di un regime oppressivo e la rinascita democratica. Trattarlo come un evento negoziabile, da sacrificare in nome della diplomazia, significa svuotarlo di significato e tradire la memoria di chi ha lottato per la libertà. Se un capo di governo straniero ritenesse offensivo partecipare alle celebrazioni della Liberazione, sarebbe un problema suo, non dell’Italia; se un esponete del Governo italiano ritiene inopportuno o problematico celebrare il 25 Aprile, allora diventa un problema per l’Italia. La nostra storia non dovrebbe essere oggetto di mediazione.
- Una memoria selettiva che offende la democrazia
Le contraddizioni del governo sul 25 Aprile rivelano una tendenza preoccupante: la strumentalizzazione della memoria quando conviene e il suo annacquamento quando è scomoda. La Resistenza non è una proprietà politica di una fazione, ma il fondamento stesso della Repubblica. Sminuirla significa sminuire la Costituzione che da essa è nata.
Se davvero si volesse onorare il lutto per Papa Francesco, basterebbe ricordare che anche lui – come tutti i papi – ha potuto esercitare il suo ministero in un Paese libero proprio grazie a quei partigiani che il governo oggi sembra voler dimenticare. La libertà non è un dono scontato, e chi la negozia per convenienza tradisce chi per essa è morto.
FONTE: PD Terricciola